Recovery fund

Recovery fund, dalla rivoluzione del debito comune al nodo dei tempi: primi anticipi nel 2021 ma saranno rimborsabili anche spese del 2020. Ecco i punti dell’intesa che rende l’Italia beneficiario netto dell’Unione

Recovery fund, dalla rivoluzione del debito comune al nodo dei tempi: primi anticipi nel 2021 ma saranno rimborsabili anche spese del 2020. Ecco i punti dell’intesa che rende l’Italia beneficiario netto dell’Unione

L’accordo firmato dal Consiglio europeo più lungo di sempre ridimensiona gli aiuti a fondo perduto rispetto alla proposta della Commissione. Ma non per l’Italia, favorita dalla modifica dei criteri di ripartizione. Si amplia la Recovery and resilience facility, cuore dell’intervento europeo per la ripresa. In compenso scompare il Solvency instrument per la ricapitalizzazione delle imprese e viene ridotto il Just transition fund. Non c’è il “ponte” in cui sperava Conte per anticipare l’arrivo dei soldi a quest’anno

C’è lo storico via libera all’emissione di debito comune su larga scala, punto su cui da quattro mesi si batteva il fronte dei Paesi “ambiziosi” capeggiati da Parigi e Roma. C’è un ridimensionamento dell’ammontare complessivo degli aiuti a fondo perduto, ma non per l’Italia, che è favorita dalla modifica dei criteri di ripartizione ed è l’unico Stato che si appresta a passare da contributore netto a beneficiario nettoAumenta da 560 a 672,5 miliardi la portata della Recovery and resilience facility, cuore dell’intervento europeo per la ripresa. In compenso scompare il Solvency instrument per la ricapitalizzazione delle imprese sane andate in crisi causa Covid. Infine, resta il problema dei tempi di erogazione delle risorse.

Tra i pro e i contro dell‘accordo firmato dal Consiglio europeo più lungo di sempre, è questo il principale tasto dolente per il governo italiano: i primi anticipi arriveranno nel 2021. In compenso, come ha rivendicato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, è stata inserita la possibilità di farsi rimborsare “anche le spese fatte a partire da febbraio di quest’anno, purché coerenti con il programma generale”.

La svolta del debito comune (a tempo) – Il punto che segna la svolta è alla voce A3 del documento conclusivo approvato dai 27 leader: “Per fornire all’Unione i mezzi necessari per rispondere alle sfide poste dalla pandemia di Covid, la Commissione sarà autorizzata a prendere a prestito fondi sul mercato dei capitali a nome dell’Ue”. Fino a un totale di 750 miliardi. Non si tratta ovviamente di mutualizzazione dei debiti passati, ma è un’apertura al debito comune per ricavare – alle ottime condizioni di finanziamento disponibili per l’esecutivo Ue – risorse da ripartire in misura prevalente ai Paesi più colpiti dalla pandemia. Concreta solidarietà europea, seppure a tempo visto che si parla di “poteri chiaramente limitati nella portata, durata e obiettivo”. Comunque un risultato inimmaginabile fino a pochi mesi fa. Non a caso Paolo Gentiloni ha parlato della “più importante decisione economica dall’introduzione dell’euro”. Il debito dovrà essere rimborsato entro il 2058.

L’Italia diventa beneficiario netto – Rispetto alla proposta Next Generation Eu presentata a maggio dalla Commissione, come è noto, l’ammontare dei trasferimenti ai Paesi – soldi che non peseranno sui debiti pubblici nazionali – scende da 500 a 390 miliardi e quello dei prestiti sale da 250 a 360 miliardi, mantenendo il totale a 750 miliardi. Cambia anche la ripartizione dei fondi per la ripresa. La Recovery facility – il cuore del piano, che sarà allocato direttamente ai Paesi secondo una precisa chiave di ripartizione – sale a 672,5 miliardi di cui 312,5 di aiuti a fondo perduto (erano 310 nella proposta iniziale) e sarà impegnato per il 70% nel 2021 e 2022 sulla base dei criteri già proposti dalla Commissione, basati sull’impatto del Covid, il tasso di disoccupazione e il pil pro capite. Il 30% arriverà nel 2023, in base alla perdita di pil nel 2020 e 2021: un requisito che avvantaggia l’Italia, che stando alle previsioni subirà l’impatto economico più pesante. E’ per questo che il totale delle risorse per la Penisola sale a 208,8 miliardi tra contributi (127) e prestiti (82), rendendola beneficiario netto della partecipazione all’Unione mentre fino a quest’anno ha versato al bilancio comune circa 4 miliardi in più rispetto ai fondi che riceveva.

L’Olanda, capofila dei “frugali”, resta contributore netto al prossimo bilancio ma – nonostante la forte opposizione del Parlamento europeo – incassa un aumento da 1,5 a 1,9 miliardi del suo sconto (rebate) sul contributo dovuto in relazione al pil e anche il ritocco dal 20 al 25% dell’aggio che può trattenere sulla raccolta dei dazi doganali. Risorse non indifferenti visto che l’Aja riscuote i dazi nel porto di Rotterdam, il più importante d’Europa per il traffico merci.

Le modifiche sui fondi rispetto alla proposta della Commissione – In parallelo con l’aumento della Recovery facility si riducono i trasferimenti spacchettati tra i programmi: da 190 a 77,5 miliardi. Ne fanno le spese il Just transition fund per la transizione verde – che il governo italiano conta di utilizzare per la riconversione dell’Ilva – che passa da 30 a 10 miliardi, il programma per la ricerca HorizonEurope che passa da 13,5 a 5 miliardi e i fondi per lo sviluppo rurale, dimezzati rispetto ai 15 miliardi iniziali, mentre saltano del tutto Eu4Health, che avrebbe dovuto rafforzare con 9,4 miliardi la sicurezza sanitaria, il Solvency instrument da 26 miliardi e i 5 miliardi destinati a sviluppo e cooperazione. Resta inteso che i piani nazionali di ripresa potranno prevedere riforme in tutti questi ambiti e chiedere che siano finanziate. Per quanto riguarda gli obiettivi legati al cambiamento climatico, una delle priorità individuate dalla Commissione, è passata una clausola che vincola a destinare il 30% dei fondi di Next generation Eu e del prossimo bilancio europeo (1.074 miliardi totali) a progetti compatibili con il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

Il nodo dei tempi: primi soldi nel 2021. Ma passa il rimborso delle spese 2020 – I leader, durante le oltre 90 ore di tour de force negoziale, non hanno però affrontato quello che Giuseppe Conte nei mesi scorsi aveva più volte indicato come uno degli obiettivi cruciali: individuare un meccanismo “ponte” (bridge) che anticipasse l’arrivo dei soldi a quest’anno. Perché nei prossimi mesi le uscite per ammortizzatori sociali e interventi di sostegno alle imprese saranno ancora ingenti e a fine mese è attesa una nuova richiesta di scostamento di bilancio da circa 20 miliardi, che porterà a 100 miliardi il deficit aggiuntivo messo in campo per far fronte all’impatto sanitario ed economico del virus.
Il documento conclusivo approvato al Consiglio non prevede “ponti”. Nei prossimi mesi tutti i Paesi dovranno presentare alla Commissione i Recovery and resilience plan e il primo esborso arriverà nel 2021. Sarà un anticipo del 10% sulla Recovery and resilience facility. Visto che all’Italia, stando ai calcoli della delegazione governativa, spetteranno 63,5 miliardi di sussidi a valere su quel fondo, l’anticipo sarà di circa 6,3 miliardi. In più, però c’è un’altra “novità assoluta”, come spiegato da Gualtieri: sarà possibile “considerare anche le spese fatte a partire da febbraio di quest’anno” e chiedere a Bruxelles di rimborsarle a valere sul fondo per la ripresa.

Accordo all’alba con i Benetton

Accordo all’alba con i Benetton

Dopo una notte di trattativa, il Governo porta Autostrade a cambiare pelle: il controllo allo Stato con Cdp, Benetton all’11% e sbarco in Borsa. Accantonata la revoca

ANSA
Autostrade

Ma quanto costa agli italiani il cambio di pelle di Autostrade, quello che il ministro dello Sviluppo economico in quota 5 stelle Stefano Patuanelli ha definito in modo trionfale come il ritorno “a cioè che era sempre stato loro”? Almeno tre miliardi. Perché è questa la cifra che lo Stato metterà sul piatto, attraverso la Cassa depositi e prestiti, per entrare dentro la società e acquisirne il 33 per cento. Tecnicamente non sono soldi pubblici perché i soldi della Cassa sono soldi del risparmio postale degli italiani e tutti gli investimenti fatti con questi soldi hanno un ritorno remunerativo, ma sono comunque soldi degli italiani. La cifra di tre miliardi è ballerina per varie ragioni di cui si dirà tra poco, ma è quella che al momento viene accreditata come la più verosimile da tutti gli attori coinvolti nella partita.

Il cambio di pelle di Autostrade 

Per conoscere il valore esatto dell’investimento della Cassa bisognerà procedere prima alla valutazione di Autostrade. Solo avendo chiaro quanto vale la società allora si può fissare la portata dell’aumento di capitale, che altro non è che l’iniezione di soldi da parte di Cpd dentro Autostrade stessa. Al momento, come si diceva, si stima uno stanziamento di almeno tre miliardi per avere il 33% della società. Definire il valore della società dipende da alcune questioni rimaste aperte e che vanno risolte sia per sbloccare l’intervento della Cassa che per avvicinare tutti gli altri investitori all’operazione. Prima bisogna fissare il nuovo regime tariffario, chiarire le questioni che riguardano la definizione della revoca e altri punti. Solo dopo può partire il tutto.

Contemporaneamente all’ingresso di Cdp, Atlantia (la società attraverso cui i Benetton controllano Autostrade) venderà il 22% delle azioni della società autostradale. A chi? A uno o più investitori che saranno graditi a Cdp. In pole ci sono già il fondo americano Blackstone, ma anche quello australiano Macquarie. Insieme avranno il 55% della nuova Autostrade e quindi il controllo. L’operazione assomiglia molto a una nazionalizzazione, ma tecnicamente non lo è perché il comando è spartito in due, con Cdp in un ruolo sicuramente predominante ma non totale.

La parabola discendente dei Benetton. Da padroni delle autostrade a minoranza senza un posto in cda

L’ingresso della Cassa e di altri investitori istituzionali avrà come effetto una diluizione della quota dei Benetton, che finirà in minoranza. Dentro resteranno anche il colosso tedesco Allianz e i cinesi del fondo Silk Road, ma anche le loro quote andranno a calare. È qui che prende forma la parabola discendente dei Benetton.

Cosa dice l’intesa tra il Governo e i Benetton

Il cambio di pelle avverrà in due step, che richiederanno in tutto un anno di tempo. Il primo sarà quello dell’operazione Cdp e degli investitori amici. Il secondo sarà costituito dallo scorporo: Autostrade sarà tirata fuori dal perimetro di Atlantia. Le azioni di Autostrade rimaste dentro Atlantia saranno redistribuite tra i soci in base ai nuovi equilibri che si sono determinati con l’ingresso di Cdp e degli altri soci. Così i Benetton si ritroveranno ad avere in mano l′11% di Autostrade. E saranno fuori dal consiglio di amministrazione. Contestualmente scatterà la quotazione in Borsa di Autostrade, con un corposo pacchetto di azioni collocato a Piazza Affari. A quel punto il peso dei Benetton potrebbe ridursi ulteriormente, fino ad azzerarsi se decideranno di vendere la quota che gli è rimasta in mano. Atlantia ha offerto anche la disponibilità a una seconda via: cedere direttamente l’intera partecipazione a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento. Ma questa via impatterebbe fortemente sulla Cassa in termini di soldi da mettere sul piatto e per ciò è esclusa. Alla fine la nuova Autostrade sarà una public company, cioè una società con un azionariato molto diffuso dove i Benetton non saranno più i controllori.

In sintesi: il controllo dello Stato, Atlantia al lumicino e l’approdo in Borsa che ridimensionerà e sterilizzerà ancora la società faranno sì che Autostrade non sia più classificabile come una società dei Benetton. Ma allo stesso tempo i Benetton possono dire di aver evitato l’allontanamento coatto da parte del Governo. Tutto questo processo partirà il 27 luglio, quando Cdp potrà iniziare ad avviare il negoziato per entrare in Autostrade. Questo scenario mette da parte la soluzione della revoca della concessione ad Autostrade. Anche se il Governo si è tenuto la carta in tasca.

Il ruolo chiave e industriale di Cdp

La Cassa ha regole non derogabili, uno Statuto, un consiglio di amministrazione che dovrà approvare l’operazione. Oltre alla natura dei soldi che saranno investiti (risparmio postale remunerato e non soldi pubblici in modalità solo andata), il via libera di Cdp va inquadrato in una logica industriale e nell’obiettivo di garantire lo sviluppo delle infrastrutture nel Paese. Le autostrade, tra l’altro, sono una vecchia conoscenza perché fu proprio Cdp a finanziarle negli anni ’50 e ’60, oltre a partecipare indirettamente alla realizzazione di una delle più importanti: l’Autostrada del Sole. E nella lista rientrano anche opere come il traforo del Monte Bianco e la Serravalle-Milano.

Fondi Lega

Fondi Lega, fermato un uomo mentre stava scappando in Brasile. Indagati anche tre commercialisti del Carroccio

Fondi Lega, fermato un uomo mentre stava scappando in Brasile. Indagati anche tre commercialisti del Carroccio

L’uomo fermato si chiama Luca Sostegni ed è accusato di peculato e di estorsione perché avrebbe chiesto soldi ad altri indagati in cambio del suo silenzio su questa vicenda. Del fermo ha dato conto il procuratore Francesco Greco. Al centro dell’inchiesta la compravendita di un immobile era stato venduto alla società della Regione – all’epoca presieduta da Di Rubba, uno dei commercialisti del Carroccio – per 800mila euro, mentre secondo gli inquirenti valeva la metà. Salvini: “Gente mai vista, né conosciuta”

C’è un uomo fermato nelle indagini sui fondi della Lega. Si chiama Luca Sostegni ed è stato bloccato dagli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano mentre stava scappando in Brasile. Sostegni ha avuto un ruolo in in una compravendita immobiliare tra società riferibili ai commercialisti del Carroccio e la Lombardia Film Commission, società pubblica all’epoca presieduta proprio da uno dei commercialisti della Lega. Solo che per gli investigatori il prezzo dell’immobile era “gonfiato“. Ovvero il doppio del suo valore reale.

La vicenda riguarda un capannone industriale a Cormano, in provincia di Milano. Sostegni, liquidatore di una società che ne era proprietaria, è accusato di peculato su fondi della Regione Lombardia ed estorsione nell’inchiesta che vede indagati anche tre commercialisti e nella quale si stanno facendo verifiche sui 49 milioni di fondi pubblici oggetto di una truffa ai danni dello Stato. I tre commercialisti indagati sono Alberto Di Rubba, ex presidente del cda della Lombardia Film CommissionAndrea Manzoni Michele Scillieri. I primi due sono revisori contabili del Carroccio alla Camera e al Senato. Scillieri, commercialista con lo studio a Milano dove a fine 2107 è stato registrato e domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier” avrebbe architettato l’operazione. L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco: un mese fa l’ufficio inquirente meneghino ha ottenuto una rogatoria in Svizzera.

“Fermato perché stava scappando in Brasile” – Del fermo ha dato conto il procuratore Francesco Greco con una nota nella quale spiega che i reati contestati a Sostegni sono “legati alla vendita di un capannone industriale ubicato nel comune di Cormano, intervenuta tra l’Immobiliare Andromeda e la fondazione Lombardia Film Commission”. L’indagato è stato fermato perché “era in fuga verso il Brasile”. La Lombardia Film Commission, come si legge sul sito della società , è una “fondazione no profit i cui soci sono la Regione Lombardia e il Comune di Milano” ed ha lo scopo di promuovere sul territorio la produzione di film, fiction e altro per diffondere l’immagine della Regione.

La vicenda della compravendita – Sostegni era liquidatore della società Paloschi srl, che avrebbe venduto l’immobile ad Andromeda che a sua volta l’ha rivenduto alla Lombardia Film Commission. Il prezzo di vendita, però, secondo le indagini, sarebbe stato gonfiato fino ad 800mila euro, mentre il valore era di 400mila euro: la metà. Per l’acquisto del capannone da parte di Lombardia film commission, ovviamente, erano stati usati fondi pubblici. Da qui l’accusa di peculato. A Sostegni viene contestata anche l’estorsione perché avrebbe chiesto soldi ad altre persone in cambio del suo silenzio su questa vicenda. Del caso dell’operazione immobiliare, avvenuta quando alla guida della Regione c’era Roberto Maroni, aveva parlato in alcuni articoli il settimanale l’Espresso. Il settimanale faceva riferimento a soldi che alla fine venivano “incassati da società molto vicine” al tesoriere della Lega Giulio Centemero e ai commercialisti bergamaschi Alberto Di Rubba, ex presidente del Cda della Lombardia Film Commission, e Andrea Manzoni, già coinvolti nelle indagini sui fondi della Lega.

Le indagini – Negli ultimi mesi, infatti, i finanzieri hanno riaperto la caccia ai soldi del Carroccio, scattata dopo la sentenza di Genova sui famosi 49 milioni frutto di una truffa ai danni dello Stato. Sempre dagli articoli dell’Espresso è emerso come altri 3 milioni di euro fossero “usciti dalle casse dei due partiti” – cioè la Lega Nord e la Lega per Salvini premier – e fossero “spesso finiti, dopo lunghi e complicati giri, ad aziende private e sui conti personali di uomini molto vicini allo stesso Salvini”. Altri denari, dunque, su cui si sono poggiati gli occhi degli investigatori. Sul caso hanno indagato negli ultimi due anni quattro procure. Oltre a quella di Milano, indaga anche la procura di Bergamo e quella di Genova, che ha puntato i suoi riflettori sul riciclaggio dei famosi 49 milioni. La procura di Roma, invece, si è occupata dei 250mila euro versati dal costruttore Luca Parnasi all’associazione Più Voci, del tesoriere Centemero che per questa vicenda ha visto chiedere il suo rinvio a giudizio. Su Centemero pente un’altra richiesta di processo da parte dei pm di Milano per circa 40mila arrivati da parte di Esselunga.

Salvini: “Gente mai vista né conosciuta” – Il segretario del Carroccio però dice non conoscere i personaggi coinvolti in questa vicenda che appare essere solo all’inizio. “La pazienza delle persone perbene ha un limite, da oggi querelo chiunque accosti il mio nome a gente mai vista né conosciuta. Coi diffamatori di professione ci vedremo in Tribunale, sperando di non trovare un Palamara qualunque” scrive Matteo Salvini, su Facebook. Intanto la Procura di Milano sta indagando per accertare se siano state compiute anche altre operazioni con lo stesso ‘schema’ di quello utilizzato nella compravendita ‘gonfiata’ dell’immobile di Cormano.
Ieri sera Luca Sostegni, liquidatore di una delle società coinvolte nell’operazione, è stato fermato dalla Finanza ad Affori, nel Milanese. Come emerso dalle indagini del pm Stefano Civardi e dell’aggiunto Eugenio Fusco, aveva già un biglietto per partire sabato dalla Germania verso il Brasile. Domani sarebbe dovuto partire da Milano con un bus per raggiungere la Germania. Aveva già staccato i suoi telefoni per rendersi irreperibile e, sempre secondo l’inchiesta, aveva già prelevato dei soldi per trasferirsi in Brasile. La Procura inoltrerà nelle prossime ore all’ufficio giudice per le indagini preliminari richiesta di convalida del fermo e di misura cautelare.

Manzoni e Di Rubba: “Soldi Fondazione? Nulla a che vedere con la Lega”- – “Apprendiamo da notizie di stampa che sarebbe stata aperta un’indagine legata alla questione riguardante l’acquisto dell’immobile di Cormano da parte di Lombardia Film Commission. Pur rimanendo fiduciosi nell’operato della magistratura, ci vediamo costretti a puntualizzare alcuni aspetti totalmente stravolti dagli articoli di stampa apparsi sul tema” fanno sapere Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. “I fondi della fondazione – sottolineano i due professionisti – non hanno nulla a che vedere con la Lega e le notizie che creano collegamenti tra le due realtà sono evidentemente capziose e fuorvianti“. “L’ennesima riprova del maldestro tentativo di tirare in mezzo la Lega a tutti i costi è evidente se solo si considera il presunto coinvolgimento di Andrea Manzoni, che non ha nulla a che fare con Lombardia Film Commission”. “Anche il riferimento al fatto che il commercialista Michele Scillieri sia un uomo di fiducia legato alla Lega è totalmente infondato – aggiunge Di Ruba – . Si tratta di uno dei tanti professionisti che nel tempo hanno collaborato a vario titolo e non per questo possono essere considerati vicini al partito, così che come ogni loro atto o eventuale misfatto debba per forza essere riconducile allo stesso”. Sul tema di fondo che riguarda nello specifico il valore dell’immobile sfido chiunque a fare una perizia al fine di dimostrare quanto l’equivalente reale in termini monetari, sia di gran lunga più elevato di quello citato. Dire che lo stabile è stato acquistato a 400mila euro e venduto subito dopo a 800mila euro è veramente una bufala“, sottolinea l’ex presidente della Fondazione. “L’immobile era in pessime condizioni ed era totalmente da ristrutturare, da qui la differenza di prezzo. Alla Lombardia Film Commission è stata poi consegnata la struttura totalmente rifinita come definita nel progetto. Sono sicuro di aver fatto il mio dovere nell’esclusivo interesse della fondazione, così come ho avuto più volte modo di ribadire. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Sempre che si voglia vedere e descrivere con onestà e correttezza la situazione”, conclude Di Rubba.

USA,Il coprifuoco non argina le proteste

Il coprifuoco non argina le proteste, Trump twitta: “Legge e ordine!”. Arrestata figlia del sindaco di NY

Oltre 2.500 arresti nel weekend di proteste per l’uccisione di George Floyd. Il capo della polizia di Minneapolis: “È stata violazione di umanità”. E si leva il cappello davanti al fratello

SAMUEL CORUM VIA GETTY IMAGES

L’America continua a bruciare per il quinto giorno consecutivo, nonostante la mobilitazione della Guardia nazionale in una decina di Stati e il coprifuoco in almeno 25 città.

Coprifuoco anche a Washington. Misure straordinarie di sicurezza anche nella capitale americana Washington, dopo nuove proteste davanti alla Casa Bianca per la morte dell’afroamericano George Floyd. Il coprifuoco sarà in vigore
dalle 23 locali (le 5 di notte in Italia) alle 6 del mattino (le 12 in Italia). La sindaca della capitale Muriel Bowser ha mobilitato anche la Guardia nazionale a sostegno della polizia metropolitana. A meno di due ore dall’entrata in vigore del coprifuoco, migliaia di persone si sono radunate davanti alla Casa Bianca per protestare contro la morte di George Floyd. L’edificio è blindato dal Secret service e dalla Guardia nazionale. La polizia ha usato i lacrimogeni, le granate stordenti e gli spray urticanti per rispondere al lancio di oggetti da parte di alcuni manifestanti, che protestano non solo contro la morte di George Floyd ma anche contro il presidente. In piazza Lafayette i dimostranti hanno acceso un grande falò. Trapela nel frattempo che gli agenti del Secret Service hanno portato il presidente americano Donald Trump in un bunker sotterraneo della Casa Bianca per quasi un’ora venerdì sera, quando la protesta per la morte di George Floyd si è infiammata davanti alla presidenza, scrive il New York Times, citando una fonte a conoscenza diretta dell’episodio. Non è chiaro se anche Melania e il figlio Barron siano stati condotti nel bunker con lui.

Arrestata anche la figlia del sindaco di New York. Nuova, imponente manifestazione di protesta a New York. Migliaia di persone sono scese in piazza, in particolare a Manhattan e a Brooklyn. Chiara de Blasio, la figlia 25/enne del sindaco di New York, è stata arrestata sabato sera in una protesta a Manhattan, scrive il New York Post, citando le forze dell’ordine. La giovane è finita in manette dopo che la polizia ha dichiarato illegale un assembramento tra la 12ma strada e Broadway, dove erano scoppiati alcuni tafferugli ed erano state bruciate auto delle forze di sicurezza.

 

Oltre 2.500 arresti nel weekend. La polizia ha arrestato 2.564 persone in una ventina di città americane nel fine settimana per le proteste contro la morte di George Floyd. E’ il bilancio del Washington Post. Circa un quinto è finito in manette a Los Angeles. Le accuse includono la violazione del coprifuoco, furto e danneggiamento.

Oggi Trump “vede” i governatori. Donald Trump in videoconferenza con i governatori Usa, i rappresentanti delle forze dell’ordine e i dirigenti della sicurezza nazionale sul mantenimento della sicurezza delle comunità, sullo sfondo delle proteste per la morte di George Floyd. Lo prevede il programma della Casa Bianca. “Legge e ordine” twitta il presidente Usa. “Diventate duri, sindaci e governatori democratici. Queste persone sono anarchiche. Chiamate la nostra Guardia Nazionale ora. Il mondo sta guardando e ridendo di voi e di Sleepy Joe. E’ questo che l’America vuole?”.

 

 

Tre agenti complici. Medaria Arradondo, capo della polizia di Minneapolis, il primo afroamericano, si è recato nel luogo in cui un suo agente ha ucciso George Floyd, anche lui afroamericano, “per rendergli omaggio”. Rispondendo in diretta sulla Cnn alla famiglia della vittima che chiede l’arresto anche degli altri tre poliziotti coinvolti, ha detto che “il silenzio e l’inazione sono complicità”. La morte di Floyd, ha aggiunto, è stata una “violazione di umanità”. Si sono parlati per la prima volta, in diretta tv sulla Cnn, il fratello di George Floyd, Philonise, e il capo della polizia, Medaria Arradondo, il quale, prima di rispondere alla domanda, si è tolto simbolicamente il cappello in segno di rispetto per la vittima, esprimendo il suo “profondo dolore” verso la famiglia.

 

Poliziotti licenziati ad Atlanta. Due poliziotti di Atlanta sono stati licenziati per uso eccessivo della forza nelle proteste. La sindaca afroamericana Keisha Lance Bottoms si era detta turbata da un video in cui un giovane veniva colpito con una pistola taser e una donna veniva trattata malamente.

Il pugno alzato dello sport. La protesta dilaga, anche nello sport. Da Lebron James ai tweet di Kylian Mbappè, da Naomi Osaka ai sei giocatori Nba che hanno manifestato per strada tra la folla, dai calciatori della Bundesliga che si sono inginocchiati ‘alla Colin Kaepernick’ o hanno mostrato la scritta “giustizia per George Floyd” dopo aver segnato, il mondo dello sport è in prima fila nelle manifestazioni per la morte dell’afroamericano bloccato a terra con un poliziotto che gli stringeva il collo col peso del corpo. Tra tutte le immagini della protesta dello sport resterà quella di Tyson Carter, campione del Superbowl 2008, in versione Black Panther, a pugni alzati come Tommie Smith. Lo ha scritto Kareem Abdul Jabbar (icona degli afroamericani) sul LA Times: “il virus del razzismo che infetta questo paese è più mortale del Covid-19″ e la gente di colore non ne può più. Violenza e saccheggi sono da stigmatizzare, ma la misura è colma perché “la principale preoccupazione della gente di colore in questo momento – scrive Jabbar – è che i loro figli, mariti, mogli, fratelli e padri rischiano di essere assassinati dalla polizia solo per essere andati a fare una passeggiata o per essersi messi alla guida”. E allora basta,grida lo sport americano, e pugno al cielo, mentre in Germania, su un campo di calcio, il Borussia ne fa cinque al Paderborn e un inglese e un marocchino, Sancho e Hakimi, mostrano la maglietta con la scritta “Giustizia per George Floyd” dopo aver segnato. Questa volta, è la tesi di Jabbar, il Presidente Donald Trump non potrà far finta di niente. Parla anche Michael Jordan: “Mi sento molto rattristato ma anche decisamente arrabbiato, e sono con coloro che stanno protestando contro il razzismo insensato che c’è nel nostro paese nei confronti della gente di colore. Ma ora ne abbiamo avuto abbastanza”. La leggenda del basket scrive un post su Twitter: “Le nostre voci, tutte insieme, devono mettere pressione ai nostri leader affinché cambino le leggi, oppure dobbiamo usare il nostro voto per provocare il cambiamento. Ognuno di noi deve essere parte della soluzione”.