Ultras Juve arrestati per estorsione e violenza.

Ultras Juve arrestati per estorsione e violenza. “Dateci i biglietti o cori razzisti”

L’indagine partita da una denuncia della società. Misure cautelari per 12 capi della curva che avrebbero ricattato il club per gestire il bagarinaggio dello Stadium. A rischio partita con il Verona

Ultimo aggiornamento il 17 settembre 2019 alle 08:22

Torino, 16 settembre 2019 – Arrestati i capi ultras della Juventus, durante un blitz della polizia nell’ambito di un’operazione denominata ‘Last Banner’. Avrebbero messo in piedi una “capillare strategia criminale” per ricattare la società bianconera dopo che questa aveva deciso di interrompere una serie di privilegi concessi ai gruppi ultras. Nell’inchiesta, scaturita da una denuncia della società bianconera e coordinata dalla Procura di Torino, il gip ha emesso dodici misure cautelari. I destinatari sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. Gli indagati sono in totale 37: tutti colpiti da provvedimento Daspo fino a un massimo di 10 anni.

E, intanto, scatta l’allerta per il prossimo match di campionato tra gli attuali campioni d’Italia e il Verona. “Quella di sabato era una partita già attenzionata. Sono due tifoserie con ideologie differenti. Ora aumentano i rischi perché sono prevedibili reazioni”, dice infatti il questore di Torino Giuseppe De Matteis in vista di Juventus-Verona, che si disputerà sabato prossimo all’Allianz Stadium.

Oggetti sequestrati nell'indagine che ha portato all'arresto dei capi ultras (Ansa)
Oggetti sequestrati nell’indagine che ha portato all’arresto dei capi ultras (Ansa)

Gli ultras arrestati

Coinvolti i leader e i principali referenti dei gruppi del tifo organizzato juventino dei “Drughi”, di “Tradizione-Antichi Valori“, dei “Viking“, del “Nucleo 1985” e di “Quelli.. di via Filadelfia” . In corso anche 39 perquisizioni in diverse città italiane. In azione la Digos di Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella, nei riguardi dei 37 fra i principali referenti dei gruppi ultras in questione (ed anche del “N.A.B. – Nucleo Armato Bianconero”), che risultano indagati.

LE MISURE CAUTELARI  – In manette sono finiti Geraldo Mocciola detto Dino, leader dei Drughi, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, leader di Tradizione, Luca Pavarino, Sergio Genre. Per Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago sono stati disposti i domiciliari. Misura cautelare dell’obbligo di dimora invece per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale.

Le indagini

Le indagini dei poliziotti della Digos, durate oltre un anno, sono scaturite da una denuncia sporta dalla Juventus che ha consentito al Gruppo Criminalità Organizzata della Procura di Torino di acquisire “incontrovertibili elementi probatori” in merito ad una “precisa strategia estorsiva” attuata dai leader dei principali gruppi ultras bianconeri nei confronti della società calcistica.  L’interruzione, alla fine del campionato 2017/18, di alcuni privilegi concessi ai gruppi ultras ha infatti determinato, spiegano gli investigatori, sin da subito, una “reazione” dei leader storici che, hanno definito una “capillare strategia criminale” per “ripristinare” quei vantaggi soppressi ed affermare nuovamente la posizione “di forza” nei riguardi della società bianconera. Gli inquirenti hanno accertato la capillare attività dei “Drughi” per recuperare centinaia di biglietti di accesso allo stadio per le partite casalinghe della Juve, avvalendosi di biglietterie compiacenti sparse su tutto il territorio nazionale. Secondo l’accusa, i capi ultras avrebbero anche ricattato alcuni esponenti della società Juventus, sempre con l’obiettivo di avere biglietti agevolati e gestire così il bagarinaggio dello Stadium.

Dopo aver avanzato “illecite richieste”, tra cui biglietti gratuiti, materiale della Juventus, partecipazione a eventi, “essendo consapevoli dei connessi risvolti penali, hanno convenuto, strategicamente, di celare la finalità delittuosa con una campagna denigratoria e di contestazione verso la Juventus (che ha portato all’irrogazione da parte della giustizia sportiva di sanzioni pecuniarie e alla chiusura della curva sud per una gara di campionato) ricollegandola, pretestuosamente, all’aumento dei costi degli abbonamenti ed al rientro in squadra del calciatore Bonucci”.

RICATTI E VIOLENZA – Nella conferenza stampa per illustrare l’indagine, il procuratore aggiunto di Torino, Patrizia Caputo, delinea il quadro dell’inchiesta. “Abbiamo trovato le prove che molte cose erano ottenute con la violenza e costringendo la società ad andare loro incontro”, spiega riferendosi agli atteggiamenti degli indagati. “Altrimenti la ritorsione erano i cori razzisti, la squalifica della squadra, le multe”, rivela. “In sostanza se io chiedo e tu non mi dai, alla prima partita utile tiro fuori gli striscioni come per Juve-Napoli o faccio lo sciopero del tifo, che significa che impedisco a tutti di tifare”, la strategia che avrebbero adottato gli ultras secondo l’accusa.

Per la Caputo era come “un’organizzazione militare, dove anche le persone più fidate venivano allontanate, se il capo assoluto Mocciola, non era soddisfatto di quanto facevano”. E ancora:  “Si trattava di un controllo del territorio dello stadio – ha aggiunto il procuratore – effettuato avvalendosi di una forza intimidativa che derivava dalla presenza dell’associazione. Ci fosse stato qualcosa in più, che però non c’è, si sarebbe trattato di un 416 bis (associazione di tipo mafioso, ndr). E’ stata importante la collaborazione della società (la Juventus, ndr) che si è resa conto che questi fenomeni vanno stroncati e ha avuto il coraggio di presentarsi alla Digos e denunciare”.

LE INTERCETTAZIONI – Nel corso dell’inchiesta sono state fatte 225 mila intercettazioni, da cui emergono chiaramente le minacce al club. “Non scherzate troppo se siete quotati in borsa”, dice infatti in una di queste Salvatore Gava detto ‘Corona’ (uno dei colonnelli del leader dei ‘Drughi’ Dino Mocciola) al rappresentante della Juve in una riunione del giugno del 2018 quando la società fa sapere che non ci saranno più biglietti gratis. “Cacciate i soldi e ve li pagate voi gli striscionisti – dice ancora Gava intercettato dagli investigatori – … se la questura ha detto no fate un fondo cassa, mette un euro e vi evitate qualcosa”.

Simboli nazisti

Tra i materiali sequestrati dalla Digos di Torino a casa di Mocciola anche una targa con scritto: “Miglior capo. Sei un vero leader, in grado di dare le giuste indicazioni a tutti. Senza dubbio non c’è un capo migliore al mondo. Vali oro!”. Una scritta conferma l’indiscusso ruolo di leader di Mocciola, che dopo essere uscito dal carcere per l’omicidio di un carabiniere all’inizio degli anni Novanta, ha riportato i Drughi in auge tra i gruppi della tifoseria organizzata bianconera. Nella sede dei Drughi, a Moncalieri (Torino), la polizia ha sequestrato bandiere e striscioni con simboli nazisti e fascisti, bassorilievi che rappresentano Benito Mussolini, calendari e quadri del Duce.

“Possibili altri casi simili altrove”

Secondo il questore di Torino, Giuseppe De Matteis, questa indagine “potrebbe essere replicata anche in altre realtà sul territorio nazionale”. Anche perché “questa è la prima volta che singoli reati vengono contestati a singole persone”, spiega il questore. “Il quadro che è emerso da questa indagine sicuramente non può essere un unicum che riguarda la Juventus”, aggiunge.

Renzi a Porta a Porta: il nuovo partito si chiamerà Italia Viva

Renzi a Porta a Porta: il nuovo partito si chiamerà Italia Viva

L’annuncio nel salotto di Bruno Vespa. Rassicurazioni al premier Conte: “Tranquilli, il Governo non avrà problemi”

Ultimo aggiornamento il 17 settembre 2019 alle 21:57

Matteo Renzi a Porta a Porta ospite di Bruno Vespa (Imagoeconomica)
Matteo Renzi a Porta a Porta ospite di Bruno Vespa (Imagoeconomica)

Roma, 17 settembre 2019 – Matteo Renzi lancia la sua sfida: il nuovo partito si chiamerà Italia Viva. Così nel salotto di Bruno Vespa, al suo arrivo a Porta a Porta. “Il Governo non ha problemi. Lo abbiamo fatto apposta per dare lunga vita al Governo”, ha dichiarato Renzi che oggi ha ufficializzato il suo addio al Pd. E ha precisato: “Adesso il tema è non fare una cosa politichese e antipatica, noiosa. Vogliamo parlare a quella gente che ha voglia di tornare a credere nella politica”. “Il partito novecentesco non funziona più. C’è bisogno di una cosa nuova, allegra e divertente. Sono più di 40 i parlamentari che saranno con noi. 5 alla Camera e 15 al Senato. Domani ci saranno i nomi”. Così Renzi nel corso della puntata in onda su Rai 1. Ripercorriamo i passaggi chiave.

GOVERNO – “Io voglio staccare la spina? Caspiterina, l’ho messa io la spina dentro. Perché dovrei? Questa legislatura durerà fino al 2023. Anzi lo dico meglio: dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica”. “Io al tavolo non mi siedo né con Zingaretti né con Di Maio. Per me vale il programma di governo e io sono impegnato a sostenere il governo”.

LEGA – “Mi faccia fare un confronto con Salvini visto che ora ha tanto tempo libero”. Il conduttore risponde: “Con molto piacere”. Bruno Vespa, nel corso della registrazione, ha poi annunciato che Matteo Salvini, leader della Lega, si è detto disponibile al confronto. Renzi ha detto anche di aver chiamato al telefono Luigi Di Maio per informarlo delle sue decisioni.

COLORI – “Se la mette sul giallorosso, il mio colore è viola, ma è una considerazione più calcistica che politica”. Questa la risposta alla domanda su quale colore avrebbe attribuito al suo nuovo movimento, rispetto al colore giallorosso del governo.

MACHIAVELLI – “Ho fatto un’operazione machiavellica, di palazzo, ma io che ho lavorato a Palazzo Vecchio dico che per me Machiavelli è un grande: non è quello del fine che giustifica i mezzi, una frase che, tra l’altro, lui non ha mai detto. Però non mi basta, non credo che la politica sia questo”. Salvini? “Si è avvicinato pensando che il leone fosse morto e si è preso una zampata”.

L’ERRORE – “Io ho fatto un errore vero sul referendum: sono stato talmente arrogante. È stato un errore il fatto di pretendere che andassero a votare in tantissimi. Così almeno vincevo bene, ho pensato”.

FOLLIA – “Quota 100 è una follia, uno schiaffo ai giovani. Quanto al reddito di cittadinanza, si sa che sono contrario ma se Pd e M5S fanno l’accordo per tenerlo, è chiaro che rimane, speriamo che chi prende il reddito poi vada a lavorare”.

Zingaretti, Grillo e D’Alema

ZINGARETTI – “Zingaretti rimane un mio amico, gli auguro ogni bene, gli mando un abbraccio. Quando diceva queste cose, cioè mai con i 5 Stelle, era spiegabile, non ho nessuna polemica da fare con Zingaretti, credo che abbia lavorato, facendo fatica, da un no secco a un ok ai 5 Stelle. Lo abbiamo fatto per l’Italia, attaccarlo per questo è profondamente ingiusto“. Secondo l’ex segretario del Pd, non è vero che la sua posizione a favore del Conte bis è stata influenzata dal timore di perdere i parlamentari a lui fedeli, in caso di elezioni. “Ma non è vero, i parlamentari – ha detto nel corso della registrazione – glieli ho lasciati tutti di là a Zingaretti. Questa storia è una balla. Ma perché con me deve esserci sempre un retropensiero?”.

GRILLO – “Grillo ha sempre queste parole piene di affetto nei miei confronti. Come ha chiamato questa operazione? Una minchiata. Già devo votare con M5s, almeno le parole di Grillo mi fanno sentire quello di sempre”.  Andrea Marucci “è un amico, rispetto la sua scelta e quella di chiunque non la pensa come me, do un abbraccio a tutti, senza polemica. Grillo invece continua a insultarmi“.

D’ALEMA – “Bandiera rossa non è mai stato il mio canto ma non è che me ne sono andato per questo”. Così Renzi commentando i cori di Bandiera Rossa alla festa nazionale del Pd a Ravenna con Nicola Zingaretti. “Tornino Speranza e D’Alema, magari D’Alema è più intonato di me, sicuramente più adatto” a cantare Bandiera Rossa.

Le altre rivelazioni

RIMPIANTI – “Se noi nel marzo del 2018 avessimo fatto l’accordo coi no Tav, coi no vax, coi no Tap saremmo spazzati via. Non ho niente da rimproverarmi sulla scelta di non fare l’accordo con il M5s”, dice Matteo Renzi. “Oggi loro sono cambiati. Sulla Tav si va avanti, anche sulla Tap e sui no vax. Noi con loro abbiamo fatto l’accordo sul no tax. Perché per colpa di Salvini l’Iva sarebbe aumentata“.

INSONNIA – “La sera prima dell’intervista non ci ho dormito, è stato un sacrificio personale”. Così ha aggiunto il senatore, parlando della scelta di dare vita a un soggetto autonomo dal Pd. “Nuovo partito? Il governo non ha problemi, lo abbiamo fatto apposta per dare lunga vita all’esecutivo”.

REVIVAL – Non sarebbe una veste inedita originale la scelta del nome Italia viva, che Matteo Renzi ha indicato per il suo nuovo soggetto politico. Lo avrebbe già impiegato come slogan Walter Veltroni nella campagna elettorale del 2008.

MODERATI – “Mia moglie è una che non ama apparire, una moderata. Ricordo quando Agnese mi ha detto col telefono in mano: ‘Ma davvero (Salvini, ndr) ha detto che vuole i pieni poteri? I pieni poteri è un’espressione che hanno usato Mussolini e Hitler”.

ENTUSIASMI – “Sindaci e governatori è corretto che restino dove sono, fanno bene. Il mio amico Nardella ha fatto benissimo a restare lì. La mia non è un’operazione per portar via governatori ma per far sì che la gente si entusiasmi”.

SCISSIONE – “Se partiamo dalla parola scissione diamo l’idea di una operazione di palazzo. C’è anche quella, è stata una operazione di palazzo mandare a casa Matteo Salvini. Salvini sembrava dover cambiare il mondo, non ce l’ha fatta. Il punto vero è che noi abbiamo utilizzato il 41% delle Europee del 2014 per togliere l’Imu”.

PAPEETE – “Salvini, invece, che ha fatto? Ha scelto deliberatamente, alla fine della sessione estiva del Parlamento, di aprire una crisi non da un luogo di sofferenza dell’Italia, ma dal Papeete, tra cubiste e mojito.  Ha detto ‘alzate le terga e venite a Roma a votare’. Noi abbiamo alzato le terga, e l’abbiamo mandato a casa“.

TELEFONATE – “La prima telefonata che ho ricevuto stamani è stata quella di Roberto Gualtieri, che mi ha detto che gli dispiace tanto che io lasci”. “Gualtieri è un bravissimo ministro, ha da lavorare e io gli ho detto: di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, noi siamo a tua disposizione, ha bisogno del supporto della maggioranza”.

I motivi di rammarico

BERSANI – “La Ditta non mi riconosceva come uno dei suoi. Ci ho anche sofferto. Ma abbiamo fatto anche tante cose belle, a cominciare dai diritti civili, dai miliardi messi sulle periferie, all’idea di pagare le tasse. Potrei stare ore qui a dire cose di sinistra”, dice Matteo Renzi nel corso della registrazione di Porta a Porta nel rispondere a Pier Luigi Bersani che gli rimprovera di aver aperto le porte alla destra. Renzi aggiunge: “Può darsi che io non mi sia integrato e che mi abbiano espulso. Ma io vengo in pace anche con Bersani. Lui si è candidato alle elezioni contro di noi e ha vinto Salvini. Dopo di che è il passato. Quel che è stato è stato”.

COMPAGNI – “Da oggi chiudo i conti col passato, e conta solo quello che farò”. “Voglio molto bene al popolo del Pd per sette anni ho cercato disperatamente di dedicare loro la mia esperienza politica giorno dopo giorno. Dopo di che i litigi, le polemiche, le divisioni erano la quotidianità“. “Volevo un Paese che votasse col maggioritario, ma se c’è un patto di governo per il proporzionale lo rispetteremo, non metto bocca, rimango dell’idea che sarebbe meglio un sistema all’americana. È Salvini che ora è d’accordo con me”.

CORRENTI – “Penso che rientreranno dei parlamentari dall’ala sinistra, sono andati via perché non mi sopportavano, il Pd ora è fuori dall’alibi c’è Renzi, ora il Pd faccia il Pd”. “La decisione” di lasciare il Partito Democratico “l’ho presa alla scuola ‘Meritare l’Italia’ al Ciocco, vicino Lucca”, ha detto Renzi a Porta a Porta. “Lì ho visto ragazzi che non meritano di diventare dei capicorrente e il Pd oggi è un insieme di correnti“, ha aggiunto. “Se si vota fra tre anni si vede fra tre anni” quale sarà il peso elettorale di Italia Viva. “Non corriamo alle regionali, non c’è una organizzazione che ha una prova immediata del consenso. Mi interessa arrivare alla Leopolda con mille comitati attivi”. “Ho recuperato la libertà: ora le domande sul Pd non me le possono più fare. Io sulle correnti del Pd non parlo più, è l’unico senso di sollievo“.

CONCESSIONI – Sulla eventuale revoca o conferma della concessione ad Autostrade: “Io le concessioni le farei valutare all’ Avvocatura dello Stato. Devono decidere loro. Se ci sono le condizioni si tolgono. Decide chi ha competenza in materia”.

Reazioni a caldo

SALVINI – “Ditemi se è normale uno che ha votato la fiducia a un governo abusivo e il giorno dopo il giuramento dei sottosegretari fa la scissione. Renzi è riuscito a fregare Conte, Zingaretti, Di Maio. Pensavano di star tranquilli sulle loro poltrone e già volano gli schiaffoni”. Così Matteo Salvini su Facebook.

TAVERNA – “Questa Renzata, per noi come Movimento, non cambia nulla perché andiamo avanti con i progetti per i cittadini. Non ci faremo distrarre mentre lavoriamo con dedizione per far ripartire il Paese. Ma un conto lo chiederemo se ci sarà da chiederlo: caro Renzi, se questa tua incauta operazione dovesse terminare – come un fiume alla sua foce – nella caduta del nuovo governo Conte, allora ti chiederemo il conto, perché vorrà dire che ti sei assunto la responsabilità sbagliata barattando la stabilità di questo Paese con i tuoi interessi personali”. Lo scrive Paola Taverna, vice presidente M5s del Senato.

OLIVERIO – “L’iniziativa di Renzi si annunciava da tempo, covava nel ventre di questa parte del Pd da tempo, Renzi non ha fatto altro che esplicitare quello che già da tempo si parlava, non credo che il suo annuncio sia una sorpresa”. Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.  “E` una questione tutta interna alla sinistra italiana e sarebbe opportuno e utile che venisse trattata da quell’area culturale. Ma un suggerimento lo do, non solo rivolto a Renzi ma a tutti: è necessario dismettere una certa dottrina pragmatista leninista della subordinazione dei mezzi al perseguimento dell`obiettivo ed entrare in maggiore sintonia con i precetti della democrazia”. È quanto ha dichiarato il vicepresidente Fdi della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d`Italia.

GIRO – “Italia Viva? Oddio mio… ma fra i renziani non c’era un esperto migliore di comunicazione e marketing? Vuoi mettere Forza Italia, vogliono forse confondere e acchiappare i nostri elettori con un…’Viva’? Ma ripeto vuoi mettere ‘Forza Italia’?!”. Così Francesco Giro, senatore di Forza Italia.

LORENZINI – “In paese c’è un pò di sorpresa per questa uscita così repentina di Matteo Renzi. La gente si domanda perché”. Così Daniele Lorenzini, ex Pd, sindaco di Rignano sull’Arno (Firenze), paese natale di Matteo Renzi, dopo la scissione dell’ex premier dai Dem. “In paese la gente si chiede perché è successo – ha aggiunto il sindaco -, e perché questo cambio di opinione” da parte di Renzi che “un anno fa diceva mai con M5s, poi ha voluto così fortemente voluto questo governo con i Cinquestelle, e improvvisamente dopo poche settimane ha preferito uscire dal Pd”.

LETTA – “Considero questa scelta di Renzi incomprensibile: dà il messaggio che appena il centrosinistra torna al potere comincia il casino ed è il messaggio peggiore che possa passare”. Lo ha detto Enrico Letta intervistato da Giovanni Floris a diMartedì su La7.

Le ripercussioni

Più di due milioni di euro. Per l’esattezza 2 milioni 110 mila euro. Tanto costerà alle casse del Pd di Nicola Zingaretti l’uscita di Matteo Renzi, in termini di minori introiti, almeno per ora. Un vero e proprio tesoretto che viene meno.

Anna Ascani, sottosegretario, resterà nel PD. Lo conferma Renzi al termine della registrazione di Porta a porta. Ivan Scalfarotto seguirà Renzi in Italia Viva. La capo delegazione di Italia Viva sarà Teresa Bellanova, ministro alle Politiche agricole, lei sarà il punto di riferimento di Renzi nel governo. “È una donna straordinaria, ha combattuto il caporalato, è diventata sindacalista e noi siamo diventati amici. Era una che si metteva lì e risolveva i problemi. A chi la insulta per il vestito al Quirinale, dico che sono orgoglioso di lei”.

Bimbi in balia dell’alcol, boom di ricoveri

Bimbi in balia dell’alcol, boom di ricoveri

Sempre più bassa l’età della prima sbronza. Sos dei medici: rischiano epatiti e tumori

di GIOVANNI PANETTIERE
Ultimo aggiornamento il 21 settembre 2019 alle 07:23

L'abuso di alcolici come abitudine sociale
L’abuso di alcolici come abitudine sociale

Roma, 21 settembre 2019 – A un passo dalla morte. Sprofondati in coma etilico dopo una sbornia. Già a 12 anni, quando gin, rum, vodka dovrebbero essere parole da grandi e non bottiglie vuote, scolate come se non ci fosse un domani. Mette i brividi la denuncia del professor Alberto Villani, responsabile dell’Unità operativa complessa di Pediatria generale e Malattie infettive dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, che racconta di avere avuto “ricoverati recentemente in Rianimazione tre ragazzini, di 12 e 13 anni”. Storie a lieto fine per fortuna, “anche se uno di loro lo abbiamo preso per i capelli”, puntualizza lo stesso medico, presidente della Sip (Società italiana di pediatria). Vicende che, in un’Italia dove scende a 11 anni l’età del primo contatto con i superalcolici, non sono casi isolati. “Sui media arriva solo la punta dell’iceberg della deriva etilica delle nuove generazioni – chiarisce Villani –. Basta fare due chiacchiere coi tassisti che nelle notti di venerdì e sabato riaccompagnano a casa tantissimi bambini stravolti dall’alcol dopo serate nei chioschetti e locali”. Adesso il pericolo maggiore si chiama binge drinking, una moda proveniente da Oltreoceano che porta i giovanissimi a bere tanto in poco tempo, fino a stravolgersi.

“Chi ha questo tipo di problema sono bambini ricchi e poveri, maschi e femmine, non c’è differenza – avverte Villani –. Generalmente soggetti che vivono una profonda solitudine esistenziale. Non praticano sport, non suonano strumenti, hanno una vita vuota che riempiono con vino, birra e superalcolici”. Con rischi enormi per la loro salute, chiarisce il pediatra: “Nell’immediato vanno incontro al coma etilico, a lungo termine possono sviluppare danni al sistema nervoso centrale che si traducono in rallentamenti e tremori. Per non parlare delle conseguenze a livello epatico, cirrosi e tumori compresi”.

Che sia in atto una vera emergenza alcol tra i ragazzini lo evidenzia l’attualità, lo certificano le statistiche. A partire da recenti dati dell’Osservatorio sulle dipendenze di Palazzo Chigi secondo i quali il 17% delle intossicazioni alcoliche, trattate al pronto soccorso, riguarda under 14. Ancora più preoccupanti, se possibile, sono le conclusioni a cui approdano il sociologo Roberto Di Monaco e la ricercatrice Silvia Pilutti, coautori, insieme con Caterina Puglisi, del libro ‘Adolescenti e alcol’. Vedesi l’abbassamento dell’età della prima assunzione che scende tra gli 11 e i 12 anni. A ciò si aggiunge il fatto che i teenager, consumatori saltuari di alcol, assumono dosi sempre più massicce e comunque fuori dalle mura di casa. Che significa quest’ultimo aspetto? Il rischio di un’assunzione meno consapevole e controllata rispetto a un bicchiere bevuto a tavola al pranzo di famiglia.

“Pera arginare il fenomeno dello sballo alcolico tra giovanissimi, anche preadolescenti – incalza il professor Villani –, c’è bisogno di una campagna di sensibilizzazione sui rischi e i danni per la loro salute. Più in generale, urge una cultura del vino e del bere bene, in maniera responsabile. Ognuno deve fare la sua parte”. Qualche tempo fa il Silb (Sindacato italiano locali da ballo) lanciò la proposta di estendere anche ai genitori, non solo ai locali, le multe per i minorenni che abusano di alcolici. Una sortita a effetto, certo, ma che potrebbe aprire gli occhi a qualche papà e mamma un po’ distratti sulle serate alticce dei propri eredi. Minacciare di mettere mano al portafoglio delle famiglie può fare miracoli.