Sclerosi multipla fermata grazie ad un farmaco sperimentale
Test condotti sui topi, ma il team avvierà ora una sperimentazione sull’uomo
Un team di scienziati della University of California di San Francisco, che si è avvalso della collaborazione di alcuni membri della American Academy of Neurology, ha individuato un farmaco sperimentale in grado di bloccare la progressione della sclerosi multipla. Il farmaco, stando a quanto pubblicato sulle pagine della rivista Neurology: Neuroimmunology & Neuroinflammation, si chiama Laquinimod e, sebbene per il momento sia stato testato sulle sole cavie animali, avrebbe rallentato la progressione della malattia e in diversi casi lo sviluppo della stessa.
La sclerosi multima in Italia e nel mondo
La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa demielinizzante che colpisce circa 2,5 milioni di persone in tutto il mondo. Soltanto in Italia si contano 113 casi ogni 100 mila abitanti. Attualmente nel nostro Paese si contano circa 68 mila soggetti affetti da questa patologia, per un totale di 1800 nuovi casi ogni anno. Particolarmente colpita è la Sardegna, con un tasso d’incidenza di gran lunga superiore alla media nazionale. In Europa i Paesi che presentano una maggiore diffusione della malattia sono Danimarca (227 casi ogni 100 mila abitanti), Svezia (189) Ungheria (176), Regno Unito (164). In Europa dell’est, Francia, Spagna e Portogallo i dati sulla prevalenza di Sm sono inferiori rispetto a quelli degli altri Paesi.
Una scoperta importante che accende la speranza
“Abbiamo ottenuto dei risultati estremamente promettenti che ci danno speranza anche per le persone con sclerosi multipla progressiva, una versione avanzata della malattia per la quale non esiste attualmente alcun trattamento”, spiega l’autore dello studio Scott Zamvil, ricercatore presso la University of California e Fellow della American Academy of Neurology. Laquinimod è un farmaco in fase di sviluppo per la sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) e SM progressiva primaria. SMRR è caratterizzata da inaspettate e ricorrenti ricadute. In circa l’80 per cento di tutti i pazienti la malattia inizia come RRMS. Dopo circa 10 anni, la maggior parte dei pazienti sviluppano la sclerosi multipla secondaria progressiva che aumenta gradualmente la disabilità, senza periodi di recupero.
Compresa l’esatta azione del Laquinimod
Il farmaco, sostanzialmente, altera il comportamento delle cellule del sistema immunitario e impedisce loro di entrare nel cervello e nel midollo spinale, riducendo così i danni alla mielina. Gli studi hanno indicato che Laquinimod può avere sia un’ azione antinfiammatoria che la capacità di proteggere la struttura dei nervi e la loro funzione. I ricercatori hanno testato il farmaco direttamente su un discreto numero di topi che avevano sviluppato la sclerosi multipla. Ad un primo gruppo è stato somministrato il Laquinimod per via orale mentre, al secondo gruppo un normale placebo. Il primo gruppo, che comprendeva 50 ratti affetti da SM, si è dimostrato in grado di contrastare meglio l’insorgenza della malattia: il 29% dei topi trattati con Laquinimod ha sviluppato la sclerosi multipla contro il 58% dei topi che hanno ricevuto il placebo. C’è stata inoltre una riduzione del 96% delle cellule B presenti esclusivamente nei soggetti con SM progressiva. Secondo i ricercatori, i risultati indicano che il farmaco può impedire lo sviluppo e la progressione della patologia.
Presto il via alla sperimentazione sull’uomo
Gli scienziati hanno condotto anche una seconda sperimentazione, somministrando il farmaco su 22 topi che mostravano uno stadio ormai avanzato della malattia. Il team ha osservato una importante riduzione nella progressione della SM. Rispetto ai topi che hanno ricevuto il placebo, i topi che sono stati trattati con Laquinimod hanno presentato una riduzione del 49% delle cellule dendritiche che aiutano a creare cellule specializzate T, una riduzione del 46% delle cellule T e un calo del 60% di anticorpi dannosi. “Ora sappiamo come agisce il Laquinimod – ha commentato Scott Zamvil -. Ora abbiamo bisogno di condurre ulteriori test sull’uomo, così verificare se il medicinale produce gli stessi effetti”.