IN GUERRA PER L’ACQUA

IN GUERRA PER L’ACQUA

 

di Paolo Salvatore Orrù

 

Fonte: http://notizie.tiscali.it/

 

Per gli analisti, nel XXI secolo le battaglie più cruente saranno combattute per l’acqua. Gli eserciti si scontreranno dove laghi e fiumi sono condivisi tra più Paesi. L’Europa non sembra interessata agli eventuali conflitti, l’Italia potrebbe però dover sostenere il peso delle migrazioni. In particolare, preoccupa la vicenda del Nilo: il fiume sacro degli egiziani sfocia nel Mar Mediterraneo, dopo aver attraversato, partendo dalla regione dei Grandi Laghi dell’Africa centrale, Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan del Sud, Sudan, Egitto, Repubblica Democratica del Congo, Kenia, Etiopia ed Eritrea. Il corso d’acqua, quindi, potrebbe diventare il pretesto per uno scontro armato tra le nazioni confinanti. In passato, Egitto e Sudan (Stati controllati dalla Gran Bretagna) forti di patti firmati in epoca coloniale, nei primi anni del 1900, avevano raggiunto un accordo privilegiato con cui ottennero di poter dirottare verso le loro nazioni l’80% delle acque del Nilo. “Oggi i Paesi a sud dell’Egitto, il Sudan del Sud in particolare, stanno rivendicano una condivisione più equa di questa risorsa”, spiega Maurizio Simoncelli, storico, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo e autore di “Hydrowar. Geopolitica dell’acqua tra guerra e cooperazione” (2004). L’economia di queste nazioni, al contrario di quanto sta avvenendo nella maggior parte dei Paesi europei, sta crescendo di qualità e di importanza, per questo sinora i due i governi si sono sempre accordati su come gestire l’oro blu.

Sudan ed Egitto sono in difficoltà: il primo per la scissione con il suo sud (un caso di guerra permanente), il secondo per il persistere degli effetti Primavera Araba. “Per questo gli Stati confinanti, approfittando della debolezza dei due giganti del nord, stanno tentando di ridiscutere l’accordo stipulato cento anni fa”, analizza Simoncelli. Se il Paese delle piramidi, già provato da una guerra civile mai dichiarata, dovesse essere messo in condizione di avere meno acqua di quanta ora ha disposizione, si troverebbe in imbarazzo: l’acqua è essenziale, non solo per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’industria ma anche per l’incremento delle presenze nelle zone turistiche, la mancanza porterebbe al calo dei posti lavoro e al conseguente aumento dei flussi migratori verso l’Italia. “Non credo che possano esserci problemi militari, di certo il nostro Paese ne avrebbe nelle migrazioni”, spiega Anna Tatananni nella scheda informativa redatta per Archivio Disarmo.

Rimanendo nell’ambito del Medio Oriente, ci sono altri due focolai che potrebbero infiammare l’area: il conflitto israelo-palestinese per l’utilizzo delle acque del fiume Giordano e del lago di Tiberiade (53 chilometri di circonferenza, si trova in una depressione che raccoglie le acque del fiume Giordano) e il perdurare dell’ostilità della Siria nei confronti di Israele, dato che non ha mai cessato di occupare le alture del Golan, da cui scendono le acque del Giordano, bacino che, fra l’altro, segna anche il confine tra Israele e Giordania. Infine, ma non ultimi, i contrasti tra Turchia e Kurdistan turco per gli invasi che il Paese di Erdogan sta costruendo sul fiume Yusufeli: 15.000 persone dovranno lasciare le proprie case per non finire sott’acqua con loro.

Molti interrogativi sta suscitando la decisione della Turchia di erigere una diga di sbarramento sul fiume Koru per la produzione di energia idroelettrica, il progetto potrebbe non piacere alla Georgia, perché le acque di quel bacino hanno come destinazione finale proprio quel Paese: “Per evitare la lite sarà necessario trovare un accordo a livello internazionale, altrimenti potrebbero scatenarsi forti reazioni militari”, commenta Simoncelli. Allo stesso modo, sempre in Kurdistan, a nord di Siria e Iraq, “abbiamo il problema dei due fiumi, Tigri e Eufrate, che nascono in Turchia ma che vanno ad alimentare l’economia dei due Paesi confinanti. La Turchia, anche questa volta, avrebbe un potere condizionante, chiudendo i rubinetti mettendo in crisi i due Stati. Un problema che va “sminato” al più presto”, spiega l’analista.

 

Il quadro della situazione “idropolitica“, come ha spiegato Tatananni nella sua scheda, mostra come sia necessario spingere gli Stati che condividono dei bacini internazionali a cooperare nella gestione dell’acqua “cercando di trasformare l’acqua da fonte di conflitto a fonte di pace”. A questo riguardo sarebbe necessaria una maggiore consapevolezza di come la gestione di questa risorsa sia fondamentale per la pace sul nostro pianeta. “Un invito in questo senso – rileva ancora Tatananni – sono le parole del professor emeritus dell’Université Catholique de Louvain-la-Neuve, Riccardo Petrella: “Noi dobbiamo modificare il modo in cui guardiamo all’acqua per poter avere la possibilità di generare una effettiva reale cooperazione tra le comunità, le regioni e i Paesi”, ha detto. Non ci sono alternative, in caso contrario il pianeta rischia la catastrofe.

IN GUERRA PER L’ACQUAultima modifica: 2013-06-22T20:14:26+02:00da ugo565
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