ILVA. SE TARANTO MUORE, “È UNA MINCHIATA”

ILVA. SE TARANTO MUORE, “È UNA MINCHIATA”

 

di Paolo Ermani

 

Emerge da indiscrezioni riportate dai media che per Fabio Riva, uno dei padroni dell’Ilva, qualche tumore in più a Taranto sia una “minchiata”. Ma il problema sono solo e unicamente queste persone terrificanti per le quali la vita non vale nulla o anche chi va a lavorare per questi soggetti?

Cosa deve succedere per iniziare una massiccia campagna di “obiezione al lavoro” in cui ci si rifiuta di fare lavori pesantemente e palesemente nocivi per se stessi e per gli altri? Bisogna che si muoia come mosche e vengano uccise centinaia di persone in un giorno? E cosa cambia fra centinaia in un giorno e centinaia in qualche anno?

Si dice che il lavoro non c’è e quindi bisogna accettare quello che ci offrono, ma di sicuro ce ne sarà sempre meno di lavoro se le braccia vengono costantemente regalate a persone senza scrupoli. A causa dell’Ilva a Taranto sono andati in fumo migliaia di posti di lavoro in settori non inquinanti e sensati. Possibile che di imprenditoria ci sia solo l’Ilva, possibile che non si possa costruire un avvenire migliore per noi e i nostri figli? Non siamo agli albori della rivoluzione industriale, siamo nel ventunesimo secolo, oggi possiamo scegliere.

Perché non puntare al risanamento ambientale, alle fonti rinnovabili, alla riqualificazione energetica, al turismo di qualità, all’agricoltura locale, all’autoproduzione alimentare ed energetica, anche per ridurre il ricorso ai soldi? Tanto fra un po’, fra crisi economica e ambientale, saremo costretti per forza ad intraprendere questa virtuosa strada.

Non si può fare? È irrealistico, è impossibile? È più realistico continuare a morire di cancro e inquinare interi paesi piuttosto che provare delle alternative?

L’Italia in generale e il sud in particolare ha (aveva?) quella ricchezza che fa le persone sane e forti: cibo, terra fertile, acqua, aria pulita, tutto è stato svenduto a mafie, padroni, inquinatori e compagnia bella, in cambio di soldi, in cambio della macchina nuova e dell’ennesimo cellulare. Dalle persone normali cioè il famoso “popolo”, la terra è stata svenduta due volte, votando i politici che hanno permesso ogni scempio e lavorando per i padroni che lo hanno realizzato. Io al popolo che subisce sempre ed è vittima, non ci credo più.

Si può vivere con poco se ci si autoproduce il possibile, se si condivide, se ci si aiuta, se non si spreca, se non si crede alla pubblicità e si cestina la televisione ma soprattutto se si costruisce una società in cui i Riva della situazione non hanno nessuno al loro servizio. Come il buon Simone Perotti ci insegna, si campa con pochi euro al giorno mangiando benissimo, quindi di fame è assai difficile morire. E se morire di fame è assai difficile, non si capisce allora perché si sottostà a ricatti così pesanti. Sarà che il lavaggio del cervello che ci è stato fatto è così forte che non riusciamo più a pensare, costruire, realizzare una società e una vita che non abbia l’acquisto di merci inutili o superflue come obiettivo.

Abbiamo accettato la distruzione della comunità, abbiamo abbandonato terra e natura, abbiamo accettato di vivere ognuno chiuso nel suo bell’appartamento dove siamo dipendenti da tutto, abbiamo accettato la logica del mors tua, vita mea, abbiamo accettato che il nuovo dio fosse il denaro. Adesso per lamentarsi, urlare e protestare, forse è troppo tardi.

ILVA. SE TARANTO MUORE, “È UNA MINCHIATA”ultima modifica: 2012-11-28T18:46:52+01:00da ugo565
Reposta per primo quest’articolo