La crisi della lira turca

Lo spread vola a 267 per la crisi della lira turca, mai così alto negli ultimi 2 mesi. Milano chiude a -2,5%

La Bce si era detta preoccupata per il possibile contagio della crisi economica di Ankara sulle banche europee. Unicredit segna -4,7%

SHUTTERSTOCK / MCIEK

La crisi della moneta turca influenza la borsa di Milano che ha chiuso a – 2,5%. Tonfo anche per Unicredit che finisce a -4,7%. Impennata per lo spread che sale a 267 punti, il livello più alto da due mesi. A peggiorare la situazione la decisione di Trump di raddoppiare nei confronti della Turchia i dazi su acciaio e alluminio.

La vigilanza Bce si era detta preoccupatoa per il contagio della crisi economica e monetaria turca sulle banche europee. Lo scrive l’Ft che cita come le più esposte l’italiana Unicredit, la spagnola Bbva e la francese Bnp Paribas. Secondo il quotidiano la situazione non sarebbe ancora critica ma viene monitorata da vicino. Nel frattempo il calo dell’istituto italiano, in ribasso del 5%, trascina giù piazza Affari, che cede poco più di tre punti percentuali.

Quest’anno la moneta turca ha perso un terzo del suo valore a causa delle politiche del presidente Erdogan, in aperto contrasto con i paesi occidentali (si parla di sanzioni dagli Usa) e che ha ridotto, dopo la vittoria elettorale di giugno, ancor più l’autonomia della banca centrale impedendo una stretta monetaria giudicata necessaria in uno scenario mondiale di tassi in rialzo. Anche i dicasteri economici sono stati posti sotto stretto controllo del presidente aumentando così i timori degli investitori.

E infatti non si arresta il crollo della lira turca che è arrivata a perdere fino al 19% sul dollaro. La valuta di Ankara, sotto attacco per via dei timori sulle politiche economiche del Paese, è arrivata a scambiare fino a 6,3 sul biglietto verde per poi recuperare un po’ di terreno e ora tratta a 5,81.

Ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan invita comunque i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico, denunciando “campagne” contro il suo Paese: “Ci sono diverse campagne in corso, non prestate loro alcuna attenzione – ha detto il leader turco – Non dimenticate questo: se loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente, il nostro diritto, il nostro Allah”.

Per quanto riguarda Unicredit, il problema principale sta nella banca Yapi Kredi, la quarta del Paese con 788 sportelli e 365 mld di lire turche di asset (circa 53 mld di euro), di cui l’istituto italiano possiede una quota rilevante, il 40,9 per cento. Secondo gli analisti di Goldman, la banca a controllo italiano sarebbe quella messo peggio in termini di capitalizzazione rispetto agli altri grandi gruppi del paese.

E anche stando alla relazione semestrale appena depositata da Unicredit la situazione della banca turca rappresenta uno dei rischi a cui l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier “ha prestato particolarmente attenzione”. Nel corso del primo semestre il contributo di Yapi Kredi al conto economico di Unicredit è stato di 183 milioni di euro (+28% nel secondo trimestre a cambi costanti ma -3,4% per effetto della svalutazione della lira turca). Si tratta di meno del 2% dei ricavi del gruppo. Unicredit, che ha anche una piccola esposizione in titoli di Stato di Ankara (circa 165 milioni di euro), ha spiegato agli analisti che una svalutazione del 10% della lira turca avrebbe un impatto di circa 2 punti base sull’indicatore patrimoniale Cet1.

La crisi della lira turcaultima modifica: 2018-08-18T17:58:35+02:00da ugo565
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