Quarant’anni di Vasco in una notte

Quarant’anni di Vasco in una notte: il racconto di Cinzia Marongiu

di Cinzia Marongiu   –   Facebook: Cinzia su Fb

“Cosa importa se è finita… che cosa importa se ho la gola bruciata. O no? Ciò che conta è che sia stata una fantastica giornata…”. Vasco ha le parole per tutto, perfino per accompagnare il ritorno a casa dei 220 mila del suo immenso, unico, commovente Modena Park. Ancora storditi da gioia e delirio, dalla liturgia del concerto dei record, quello con il più alto numero di paganti della storia, quello che ha festeggiato i suoi primi 40 anni di musica con 40 canzoni (anche se con i vari medley è arrivato a 50), quello trasmesso in live streaming in 150 cinema e in svariati palazzetti d’Italia, quello raccontato su Rai1 dal suo amico Paolo Bonolis. Fortissimamente voluto da Vasco e abbattuto a suon di tweet e post che lo hanno invitato, più o meno gentilmente, a farsi da parte, a non interrompere il concerto con i suoi interventi, con gli spezzoni di un’intervista esclusiva con il rocker, con gli ospiti, da Milena Gabbanelli a Marco Materazzi, da Maddalena Corvaglia a Gaetano Curreri, convocati in uno studio trasparente a poca distanza dal palco gigantesco. Uno dei più divertenti ed efficaci lo legge lui stesso in diretta quando la marea della rivolta social contro di lui sembra aver preso il largo: “L’effetto Bonolis è un po’ straniante: come se in un porno ogni due minuti apparisse Piero Angela a spiegare la riproduzione”. E ancora, parafrasando uno dei più grandi successo del Blasco: “Voglio trovare un senso a questa conduzione, perché questa conduzione un senso non ce l’ha”. E via, di insulto in insulto (ci passa pure la camicia pop del conduttore Mediaset), fino a che uno degli autori di Bonolis e alcuni giornalisti, come Sandro Piccinini, non ammettono sempre via social che “forse la Rai doveva ricordare che gli intermezzi sono da contratto … sennò Bonolis lo ammazzano”.

La rivolta social contro l’incolpevole Bonolis

Già, la diretta su Rai1 non era prevista. Vasco non ha venduto i diritti alla Rai. Chi voleva godersi il concerto per intero doveva andare al cinema. O, al limite, aspettare il dvd che sarà in vendita a breve e che racconterà la notte del Blasco. Ma è il solito, esausto, rito del lamentarsi di tutto, del non sapersi godere l’attimo, della disinformazione fatta a rivolta, nel quale casca pure Jerry Calà. Per tutti gli altri italiani raccolti davanti alla tv a cantare le canzoni di una vita, “va bene, va bene così”. E c’è perfino chi si proclama entusiasta per una sera di pagare il canone. Magie del rocker montanaro di Zocca che per una volta riesce a mettere tutti d’accordo, giovani, adulti e ultra sessantenni come lui, che però con quel suo eterno sorriso beffardo sembra un ragazzino che si diverte ora a stuzzicarti, ora a commuoverti, ora a divertirti, ora a colpirti al cuore con la malinconia del disincanto. Ieri sera tutta l’Italia è stata un gigantesco Modena Park.

“Benvenuti nella leggenda”

Arriva sul palco alle nove in punto e attacca subito con “Colpa d’Alfredo”, quella delle disavventure notturne di un ragazzo in discoteca che si vede soffiare la sua “lei” dal furbo di turno, quella scorretta del “negro che si porta via la troia”, quella crudele ed esplicita in cui tutti, prima o poi, ci siamo riconosciuti, quella che cita nei suoi versi il “Modena Park”. Ed è subito delirio. Ancora un pezzo, “Alibi”, e finalmente Vasco dà il suo saluto a quell’oceano di teste, braccia e cuori disteso ai suoi piedi. “Benvenuti nella leggenda, benvenuti nella storia, benvenuti in una festa epocale”. E attacca con un altro suo cavallo di battaglia, quel “Bollicine” dove si fa beffe della pubblicità e della società del dio denaro. Poi cambia registro e fa il capo-coro di “Ogni volta”, uno di quei suoi pezzi dolenti e meravigliosi capaci di descrivere la vita che ci attraversa “ogni volta che non sono coerente, ogni volta che non è importante, ogni volta che qualcuno si preoccupa per me”. Poco dopo sale sul palco Gaetano Curreri, l’amico di una vita, il compagno di mille avventure in musica, quello che lo convinse, quando ancora si rifugiava dietro la consolle da disc jockey, ad affrontare il palco. Insieme intonano “Un’anima fragile”. Bonolis intanto spiega la magia della sua scrittura, quella che va a sottrarre e non ad aggiungere, quella che evoca e non descrive, quella che va all’essenziale e non al barocco. Vasco sembra sentirlo e ne offre subito una dimostrazione sontuosa con “Vivere una favola” e per l’occasione si fa accompagnare dal chitarrista storico, Maurizio Solieri. Ovazione. C’è anche spazio per il Vasco libertino e gaudente, quello ironico e giocoso di “Una splendida giornata” e soprattutto di “Rewind” che si trasforma in un rito collettivo edonistico con quell’ossessivo “fammi godere” stampato per l’occasione su migliaia di reggiseni che volano sul palco con tanto di seni al vento in eurovisione. Le canzoni si susseguono, “Siamo soli”, “Non mi va”, “Vivere” fino alla recente e perfetta “Come nelle favole”, segno che la vena creativa del Komandante è viva e vegeta. C’è anche un momento acustico, in cui batteria e chitarre elettriche tacciono, e Vasco si mette a sussurrarci all’orecchio “Una canzone per te… tu non ci credi, eh? E invece eccola qua, come mi è venuta chi lo sa, le mie canzoni vengono da sole, nascono già con le parole”. E alzi la mano, chi, per una volta, non si è sentita la destinatrice di quei versi. Sfilano “Va bene, va bene”, “Senza parole”, “Stupendo”.

Il gran finale con “Albachiara”

Poi il registro cambia di nuovo, le chitarre si impennano e ne “Gli spari sopra” converge tutta la sua rabbia e il senso di impotenza, la stessa che proviamo tutti davanti ai potenti della terra. Poco dopo Vasco prende di nuovo la parola. Il suo “non dobbiamo avere paura, non ci chiuderanno in casa” è il messaggio più forte che arriva dal Modena Park. Il gran finale è affidato a canzoni perfette, di quei miracoli che “nascono già con le parole”. Ecco “Sally”, “Un senso”, l’inno trans-generazionale “Siamo solo noi” e “Vita spericolata”. Tre ore e quaranta di musica ed emozioni non possono che finire con ciò che tutto fa ricominciare, l’alba di “Albachiara”, il pezzo che Vasco è condannato a eseguire sempre e comunque perché “sennò la gente non va a casa”. I saluti non ci sono perché niente riesce a rattristarlo di più, lui la rockstar più amata e venerata d’Italia, che anni fa ha cercato di dimettersi senza successo perché il suo sterminato popolo non glielo ha permesso. Così Vasco si limita a fare un occhiolino e a dire “Alla prossima”. Ben sapendo che tutti siamo già in fila, ordinati e trepidanti, per la Modena Park che verrà.

Quarant’anni di Vasco in una notteultima modifica: 2017-07-16T11:54:13+02:00da ugo565
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