Calevo, Destri muto col giudice, nel covo trovati pistola e fucile

Calevo, Destri muto col giudice, nel covo trovati pistola e fucile

La Spezia, dopo i 4 fermi, caccia a altri 2 uomini /ENGLISH VERSION

”Se i rapitori fossero riusciti a incassare il riscatto, sarebbero fuggiti all’estero”. I quattro rapitori interrogati nel carcere di Villa Andreino a La Spezia

 
Andrea Calevo: la liberazione foto per foto
Il blitz della liberazione

La Spezia, 2 gennaio 2012 – Tornare alla normalità, il più presto possibile. Per dimenticare, o quanto meno tentare, l’incubo in cui è piombato per quindici giorni. Così stamani, di buon ora, Andrea Calevo si è riappropriato della sua quotidianità, fatta di piccoli gesti, di brevi spostamenti, come quello di andare al lavoro. “Sono tornato tra miei dipendenti, mi hanno fatto anche un pensiero…” Sono le prime parole dell’imprenditore poco prima di entrare, accompagnato dalla sorella Laura, nell’ufficio dell’azienda edile che guida da anni insieme alla madre.

PISTOLA E FUCILE NEL COVO – Una pistola Glock giocattolo modificata per sparare proiettili veri e’ stata trovata in un vano dello scantinato dove era stato nascosto Andrea Calevo. Con la Glock le forze dell’ordine hanno trovato anche un fucile a canne mozze. Le armi sono state inviate al Racis dei carabinieri di Parma per la ricerca delle impronte digitali.

TRE ALBANESI IN VILLA CALEVO QUELLA NOTTE – Sono due albanesi i principali ricercati per il sequestro di Andrea Calevo, l’imprenditore rapito il 16 dicembre scorso nella sua villa di Lerici (La Spezia) da tre uomini armati. A quanto apprende l’Adnkronos, gli inquirenti ritengono che il gruppo di autori materiali del sequestro fosse composto da tre albanesi, di cui uno, Simon Ailai, gia’ arrestato. Le indagini proseguono anche per
individuare altre persone eventualmente coinvolte nel sequestro. In realtà si pensa che le persone nella villa fossero quattro, come confermato da Andrea Calevo e dalla madre. Le forze dell’ordine dunque starebbero cercando tre persone.

UN ALTRO GRUPPO CRIMINALE INTERESSATO AL SEQUESTRO? – Emergono presunti rapporti tra Destri, capo della banda che ha rapito Andrea Calevo, e un altro gruppo criminale che avrebbe avuto interesse al sequestro del giovane imprenditore. Questo emerge da fonti investigative. Il gruppo interforze sta vagliando dunque non solo i rapporti tra Destri e il resto della banda ma tra quest’ultimo e un’altro sodalizio criminale.

INTERROGATORIO, SOLO UN RAPITORE COLLABORA. FERMI CONVALIDATI – Pierluigi Destri, presunto capo della banda di rapitori di Andrea Calevo, non ha risposto alle domande del giudice durante l’interrogatorio di garanzia, così come Bandoni e Villa. Destri è assistito dall’avvocato Enrico Panetta. Ma Simon Halilaj parla con gli inquirenti. E in serata il fermo dei quattro componenti della banda arrestati è stato convalidato. Nel carcere spezzino di Villa Andreino, si sono dunque tenuti gli interrogatori per la convalida dell’arresto delle quattro persone fermate per il sequestro dell’imprenditore Andrea Calevo. Presenti il pm della Spezia Tiziana Lottini e il gip Marta Perazzo. Indagati, oltre all’imprenditore Pierluigi Destri 70 anni, suo nipote Davide Bandoni 23 e i due cittadini albanesi che lavoravano per Destri. Halilaj, muratore, ha riferito di aver partecipato alla fase iniziale, il rapimento in villa, pensando che lì si concludesse tutto e che il ragazzo fosse stato liberato subito, come riferisce anche l’avvocato del giovane, Paolo Mione, che assiste anche Bandoni e Villa. Dei quattro dunque, solo uno ha parlato con il magistrato, gli altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

BANDONI ANDO’ AD ACQUISTARE IN DITTA CALEVO DURANTE PRIGIONIA – Da quanto appreso, pare che proprio Davide Bandoni si sia recato nell’azienda di Calevo mentre l’imprenditore era imprigionato nella villetta di Destri in via del Campo, a Sarzana. In quell’occasione, secondo quanto riferito da un dipendente, il ragazzo avrebbe acquistato del materiale.

IL RITORNO IN AZIENDA – “E’ un’emozione trovare tutto questo e tornare alla normalita’. Per me cosa migliore ora e’ dimenticare. Non sara’ facile. Oggi e’ un giorno importante per me, ma vorrei fosse come tutti gli altri – ha detto ai giornalisti presenti ad Arcola per il suo ritorno al lavoro -. Mi sento tranquillo, perche’ adesso viviamo in un Paese sicuro. Li hanno presi tutti, le forze dell’ordine sono davvero preparate”. A salutare Calevo anche alcuni vecchi clienti. Per lui i dipendenti hanno improvvisato un brindisi tra applausi e abbracci:”Siamo felici che sia di nuovo con noi in azienda”.

IL PUNTO SULLE INDAGINI – Intanto le indagini per chiudere il cerchio intorno alle persone coinvolte nel sequestro dell’imprenditore spezzino proseguono a ritmo serrato. Dopo gli arresti del nonno capo-banda, Pierluigi Destri, 70 anni, del nipote bullo e disoccupato Davide Bandoni, 23 anni, e di due complici albanesi, Fabijan Vila e Simon Alilai, entrambi muratori,  interrogati stamani nel carcere di Villa Andreino a La Spezia, il procuratore e coordinatore della Dda di Genova, Michele Di Lecce fa capire che sono possibili ulteriori arresti. “Saranno coinvolte altre persone che nel sequestro hanno ricoperto ruoli secondari o marginali”. Ha detto stamani Di Lecce.

CINQUE PERSONE NEL BLITZ IN VILLA – Quattro persone sono gia’ state fermate. Loro costituirebbero il nucleo base della banda che ha pianificato e messo in atto il rapimento, ma il procuratore conferma che l’indagine non e’ ancora ultimata e nelle prossime ore potrebbero essere formalizzati nuovi arresti. “Ieri Calevo e’ stato sentito per molte ore dagli inquirenti – ha proseguito Di Lecce – Ha fornito una serie di indicazioni che, quando saranno sviluppate, dovrebbero condurre a nuovi sviluppi. Riteniamo tuttavia di avere avere identificato e preso i componenti del nucleo fondamentale”. La sera in cui Calevo fu rapito, cinque persone presero parte al blitz nella sua villa. Non tutte sono state arrestate, dunque l’attivita’ e’ ancora in pieno svolgimento. “Quattro sono gia’ in carcere – ha concluso Di Lecce – Forse riusciremo ad arrivare a sette arresti. Intanto attendiamo che oggi stesso ci comunichino quando saranno effettuati gli interrogatori di convalida dei fermi”.

DOPO IL RISCATTO, PER I RAPITORI FUGA ALL’ESTERO – ”Se i rapitori fossero riusciti a incassare il riscatto, sarebbero fuggiti all’estero”. Lo afferma il prefetto Gaetano Chiusolo, direttore della Dac (Direzione centrale anticrimine). ”Il gruppo che ha rapito Calevo -rimarca il prefetto- e’ composto da italiani e stranieri, per lo piu’ albanesi. Mentre questi ultimi sarebbero ritornati nella loro patria, altri, italiani, avevano preventivato la fuga in Sudamerica”. Altri arresti, dunque, sono possibili: ”Le indagini proseguono -assicura Chiusolo- un sequestro di persona non puo’ essere organizzato solo da 3 o 4 persone: stiamo valutando in modo particolare la posizione di altre 2 persone, su cui lavoriamo in maniera diretta. Fanno parte della lista di coloro che avevamo gia’ individuato”.
 

“PERFETTO COORDINAMENTO TRA CARABINIERI E POLIZIA” – Di Lecce, nel plaudire alla «perfetta sinergia investigativa tra Carabinieri e Polizia», senza dirlo, ha fatto capire inoltre che tanta evasività nelle dichiarazioni rese durante le due settimane del sequestro avevano uno scopo: prendere tempo per allestire una trappola mirata, per un intervento chirurgico capace di salvaguardare Andrea dal rischio di lasciarci la pelle. Perché fin dal giorno successivo al rapimento era stata imboccata la pista giusta, prevalente sulle altre. Ma i rapitori non dovevano saperlo, non dovevano sentirsi braccati, non dovevano sapere di essere intercettati. Di qui tanto fumo e, forse, anche le bugie fatte filtrare ad arte: come quella dello strano viaggio, dopo il sequestro, dell’Audi A 1 di Calevo a Viareggio, prima dell’abbandono sul Magra. Quando si materializzava sui giornali questa indiscrezione, che ha tenuto banco per quattro giorni, gli investigatori erano già risaliti alla riconducibilità a Pierluigi Destri del furgone bianco Peugeot usato per il sequestro di Calevo: la notte del rapimento era stato immortalato due volte da una telecamera di sorveglianza dell’area retroportuale di Santo Stefano Magra: la prima volta davanti l’Audi A1, la seconda da solo, nel tragitto opposto, in uno spettro temporale compatibile con il trasbordo dell’ostaggio.

QUELLA TELEFONATA CHE TRADI’ DESTRI – L’ipotesi di un coinvolgimento nel rapimento ha preso corpo in parallelo ad una scoperta: sul cellulare di Destri, quella sera, erano arrivate chiamate telefoniche ’transitate’ dal ripetitore che copre la zona tra villa Calevo e la sua abitazione di Sarzana. I suoi trascorsi di imprenditore edile (in rapporti commerciali con la ditta Calevo) e il ’ripescaggio’ dei fascicoli spezzini relativi alle sue vecchie grane giudiziarie hanno portato alla quadratura del cerchio, complice la captazione della chiamata telefonica giunta alla sorella di Calevo il giorno dopo il sequesto, nell’ambito delle intercettazioni disposte a razzo dal gip Diana Brusacà: «Prepara i soldi». La voce, è stato scoperto dopo gli accertamenti di laboratorio, era quella di Destri: ne ha dato prova la comparazione con quella di una vecchia intercettazione relativa al procedimento per l’intrigo dello stabilimento della Baia dell’Angelo di Ameglia, istruito nel 2005 dal pm Luca Monteverde, nel quale Destri era stato condannato per concorso in concussione a 2 anni e 4 mesi. Altro cemento all’impalcatura indiziaria è arrivato dal riscontro dei ’pedaggi’ pagati da Destri per raggiugere Pisa e ritornare a Sarzana, in orari compatibili con la chiamata estorsiva. Poi la prova regina: le sue impronte digitali repertate sulla lettera spedita alla famiglia Calevo con la richiesta di 8 milioni di riscatto, accompagnata dalla lettera autografa di Andrea: «Sto bene ma fate come dicono». E’ giunta alla villa, per posta, il 21 dicembre.

QUELLE DICHIARAZIONI PER DEPISTARE LA BANDA – ALTRO CHE nessun contatto tra rapitori e familiari di Calevo. Anche questa era una bugia. E, in una certa misura, un bluff è stato anche il secondo appello della sorella di Andrea, Laura, davanti alle telecamere: «Dateci notizie, diteci se Andrea è vivo». Tutto concordato con gli inquirenti, nell’ambito di un rapporto di fiducia conquistato e mantenuto da quest’ultimi, in parallelo ad una raccomandanzione: nessuna interferenza col nostro lavoro. I telefoni di Destri, del nipote Davide Bandoni e degli altri due albanesi componenti della gang – Vila Fabbjion e Simon Hallalai – a quel punto erano già sotto controllo. E quell’uscita di Laura serviva anche per dimostrare loro che gli inquirenti erano lontano dal sospettarli, così da indurli a parlare con una certa disinvoltura, affinchè si tradissero. Obiettivo centrato. Le intercettazioni, infatti, evidenziano il nervosismo. Destri si lascia sfuggire: «Strano che non gli è ancora arrivata… A sua madre non c’è arrivata la lettera». Bandoni: «Che lettera… La sua?». Destri conferma: «La sua». Il nipote non si accontenta: «Quella che ha scritto lui?». Destri: «Eh». Bandoni: «Ci vuole tempo che arriva…». Destri risponde: «Devo spedire l’altra». E Bandoni ipotizza: «O gliela hanno tenuta… Se la sono tenuta i….». «Può essere… », chiude Destri. Un’altra intercettazione documenta le smanie di Bandoni, quelle che avevano fatto temere per la vita di Andrea.

LE INTERCETTAZIONI: “POSSO GONFIARLO?” – BANDONI si rivolge a Destri, chiedendo un permesso. «Posso un po’ gonfiarlo… Ho voglia di pistarlo». Destri che coordina le azioni è chiaro: «No, non adesso». E mai più. Il blitz del 31 dicembre  in via del Corso impedisce eventuali pestaggi, salva la vita di Andrea e assicura alla giustizia i rapitori finiti nella rete. Fra questi c’è chi dà i primi segni di cedimento, magari per garantirsi attenuanti rispetto al rischio di una pena che potrebbe arrivare fino a 30 anni di reclusione. Sarebbe Davide Bandoni ad aver fatto delle ammissioni, ad aver assunto un comportamento collaborativo che potrebbe offrire riscontri ai sospetti degli inquirenti sul convolgimento di altre persone nelle fasi di organizzazione e gestione del sequestro. I sospetti sono su altre sette persone. I più esposti sono tre o quattro, Se ne potrà, forse, sapere di più negli interrogatori di convalida dei fermi di polizia giudiziaria, che saranno fissati domani dal gip Diana Brusacà: devono avvenire nell’arco di 96 ore dall’esecuzione del fermo. Quindi c’è tempo sino a venerdì. Di sicuro Destri, in questura, al momento della verbalizzazione del fermo, ha tenuto la bocca cucita: nessuna dichiarazione spontanea. Si è limitato a nominare come legale di fiducia l’avvocato Fabrizio Giangarè. Subito dopo è crollato a terra: «Sto male». E’ arrivata l’ambulanza. E’ stato visitato dal medico. Ma non è emersa la necessità di ricovero in ospedale. Dalla sera di lunedì è chiuso in una cella di isolamento nel carcere della Spezia. Stesso trattamento riservato ai complici; tutti e tre hanno nominato come difensore l’avvocato Paolo Mione.

Calevo, Destri muto col giudice, nel covo trovati pistola e fucileultima modifica: 2013-01-03T18:24:30+01:00da ugo565
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