Il Pd vuole rivedere il bicameralismo perfetto

Il Pd depositerà un ddl costituzionale molto ambizioso per “rivedere” il funzionamento delle Camere ampliando l’uso del Parlamento in seduta comune e dando alcune funzioni prevalenti al Senato. Al lavoro Stefano Ceccanti, Enzo Cheli e Luciano Violante

ANTONIO MASIELLO VIA GETTY IMAGES

Il cantiere delle riforme istituzionali non solo è aperto, ma Nicola Zingaretti intende procedere spedito. Per capitalizzare il 3-3 alle Regionali con l’immagine di un quadro in movimento. E soprattutto per rassicurare il “popolo del No” al referendum, come ha già detto, che i suoi dubbi non rimarranno primi di rappresentanza. E dunque, proprio in queste ore i dem stanno tracciando la road map delle riforme promesse: prossima settimana, o al massimo la successiva, approderà in aula a Montecitorio il voto ai 18enni per eleggere i senatori; entro fine ottobre, sempre alla Camera, il ddl Fornaro con i contrappesi istituzionali.

Ma soprattutto, sta per essere depositato – forse già domani – un ddl costituzionale molto ambizioso, che si propone di “rivedere” il bicameralismo perfetto ampliando in modo sostanziale l’uso del Parlamento in seduta comune – che dopo il taglio scenderà da 915 a 600 componenti, diventando molto più gestibile – attribuendogli i compiti di votare la fiducia e la sfiducia costruttiva (di nuova introduzione), le leggi di bilancio e gli interventi del premier in occasione dei vertici europei. In sostanza, diventerebbe la sede unitaria di indirizzo politico. In parallelo verrebbe ridotta la “navetta”, ovvero la spola estenuante dei testi tra i due rami parlamentari che allunga molti i tempi di approvazione, potenziando i poteri di Montecitorio. Mentre il Senato, integrato da un “consigliere-senatore” per ogni Regione, prevarrebbe sul federalismo fiscale e otterrebbe l’esclusiva sui poteri di inchiesta.

Grande assente di questo scenario è la legge elettorale, che si prevede fumosamente di calendarizzare proprio dopo l’abbassamento della soglia di elettorato attivo per Palazzo Madama e dopo il ddl Fornaro. Motivi di equilibrio del sistema che non fanno una grinza, ma anche un ragionamento politico che al Nazareno hanno ben presente: con Cinquestelle, Italia Viva e Forza Italia agitati dal risultato elettorale, il rischio è che qualsiasi testo finisca impallinato dai sostenitori dello status quo. “Parlare di qualsiasi legge elettorale adesso, sarebbe un atto temerario ai limiti dell’autolesionismo” sintetizza un parlamentare. E dunque, tutto fermo in attesa di tempi migliori.

L’occasione, viceversa, è propizia per un cavallo di battaglia storico del centrosinistra, che è stato anche alla base di molte critiche rispetto al “taglio lineare” dell’attuale riforma: la revisione del bicameralismo paritario. Al testo stanno lavorando il costituzionalista Stefano Ceccanti – sherpa delle riforme in casa Pd – e Dario Parrini, senatore e presidente commissione Affari Costituzionali, con l’apporto di Luciano Violante ed Enzo Cheli, e la “supervisione” dell’ ex ministro Roberta Pinotti, responsabile Riforme della segreteria. In adempimento al mandato di ridisegnare l’architettura istituzionale arrivato direttamente da Zingaretti al termine della direzione che ha posizionato ufficialmente il partito sul Sì al referendum. Un modo, anche, di ricompattare i Dem.

L’idea di fondo, suggerita da Cheli, è che sforbiciato di un terzo il Parlamento in seduta comune possa diventare ben di più di un “seggio elettorale” per le grandi occasioni e funzionare come Camera unica per discutere e votare. Tre i nuovi compiti che il ddl costituzionale gli assegnerà. Il potere di votare la fiducia e la sfiducia costruttiva, che verrà introdotta nel sistema sul modello tedesco (secondo cui nella mozione di sfiducia bisognerà indicare il nome del futuro premier). Il secondo compito sarà la votazione delle leggi di Bilancio, le manovre finanziarie che ogni autunno assorbono l’agenda politico-parlamentare. Infine, verrà costituzionalizzato l’obbligo di intervento del premier in aula prima e dopo ogni vertice europeo, eliminando però il discorso-fotocopia nelle due Camere.

L’ultimo elemento del testo, frutto di una proposta avanzata da Violante, differenzierà ulteriormente le funzioni consentendo alla Camera di prevalere nel voto sulle leggi ordinarie, a scapito quindi dell’attuale “navetta” per cui se un ramo apporta modifiche anche minime il testo deve tornare nell’altro ramo per la bollinatura. Il nuovo Senato da 200 componenti, però, verrebbe integrato da un senatore-consigliere regionale per ogni Regione e avrebbe un ruolo rafforzato sui principi della legislazione concorrente e sul federalismo fiscale. Palazzo Madama, infine, si verrebbe concessa l’esclusiva sui poteri di inchiesta e sulle relative commissioni. Nel complesso, un bottino non magro per la Camera Alta e un riequilibrio del sistema nel senso dell’efficienza e della rapidità chieste dagli elettori. Un progetto che però, richiedendo l’iter costituzionale, è solo agli albori.

Prossimo appuntamento, invece, per la legge che abbassa l’età per votare i senatori, tornata a Montecitorio dopo il varo al Senato: martedì l’ufficio di presidenza dovrebbe fissare l’aula per la settimana prossima o al massimo quella successiva. Con l’obiettivo che questa modifica entri in vigore già alla fine dell’anno. A fine mese è previsto l’arrivo nell’emiciclo del ddl Fornaro, che deve concludere l’esame dei quasi 400 emendamenti in commissione Affari Costituzionali. Mentre più o meno entro metà dicembre dovrebbero essere ridisegnati i collegi elettorali. Un percorso complesso. Ma che i risultati del 20 settembre hanno reso molto più agevole.

Il Pd vuole rivedere il bicameralismo perfettoultima modifica: 2020-11-15T22:30:03+01:00da ugo565
Reposta per primo quest’articolo