L’odissea di Alessandro Ruffilli: “Io trasferito perché non mi son fatto corrompere”

L’odissea di Alessandro Ruffilli: “Io trasferito perché non mi son fatto corrompere”

Ha rifiutato una licenza a un locale senza i requisiti e quando è arrivata una provvidenziale “sponsorizzazione” ha detto no. E’ stato l’inizio dei suoi guai

Alessandro Ruffilli, il funzionari del Comune di Forlì
Alessandro Ruffilli, il funzionari del Comune di Forlì

Durante una recente trasmissione televisiva di successo del Martedì il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo e il presidente di Garzanti Libri Gherardo Colombo, ambedue ex magistrati del pool di Mani pulite, concordavano su un fatto: oggi l’Italia è un Paese in cui risulta spesso più conveniente essere disonesti che onesti. Da questo punto di vista la storia di Alessandro Ruffilli, riproposta da La Stampa, è quanto mai emblematica.

Siamo a Forlì. L’anno è il 2013.

Ruffilli, 50 anni, è un funzionario amministrativo comunale incaricato di rilasciare le licenze per l’apertura degli esercizi pubblici. Un giorno arriva la richiesta di un locale che risulta non avere tutti i requisiti previsti dalla legge. Ovviamente l’atto amministrativo non può essere rilasciato.

Per quel nuovo locale tuttavia hanno già fissato l’inaugurazione. Non si può attendere. Così alla associazione di danza di cui l’impiegato è presidente – stando all’accusa – arrivano, per le strade imperscrutabili della divina provvidenza, 2mila euro a titolo di “sponsorizzazione”. Sotto altri versi si potrebbe parlare di tentativo di corruzione, anche se l’ultima parola è demandata ai giudici.

Un chiaro segno di buona volontà destinato – verrebbe da dire – a oliare la pratica e garantire il risultato voluto.

Ruffilli però si dimostra un uomo e dipendente pubblico onesto. Non solo rifiuta quella “gratificazione” ma denuncia immediatamente tutto alle autorità. Alessandro viene assistito dalla Guardia di Finanza che terrà gli occhi vigili sulla vicenda e sui soggetti coinvolti. E la licenza comunque non viene ancora concessa, mancando le condizioni necessarie al rilascio.

Qui scatta il fatto sconcertante.

Quando il funzionario del Comune si trova in ferie la licenza viene sbloccata da un dirigente. Non solo. Ruffilli viene trasferito in men che non si dica in un altro ufficio e sottoposto – come lui stesso racconta nel libro “Ordinaria corruzione” – a una vera e propria attività di mobbing.

“Mi hanno messo in una stanza piccolissima, di fronte a quella dove stavo prima. Di fatto poi non mi danno più nulla da fare”, racconta. Scattano anche ritorsioni di vario tipo, e l’uomo viene accusato di voler intralciare e rallentare il rilascio dell’autorizzazione per l’apertura del famoso locale.

Inevitabile l’intervento del giudice del lavoro che dichiara illegittimo il trasferimento.

Il processo sul tentativo di corruzione tuttavia non è ancora concluso, nonostante siano trascorsi 3 anni dai fatti, e siano stati compiuti dei passi importanti. Un testimone – per esempio – pare abbia ammesso che “furono fatte delle pressioni politiche sugli uffici per rilasciare la licenza”.

Intanto però i colleghi, volontariamente o involontariamente, finiscono con l’isolare il funzionario reo di troppa trasparenza. “Si contano sulle dita di una mano quelli che mi hanno dimostrato solidarietà”, dichiara Ruffilli sul giornale. Attorno a lui si crea un clima da ostracismo. “Anche quelli che mi esprimono vicinanza – dice – lo fanno di nascosto”.

Una delle cose più umilianti comunque è la mancanza di un vero carico di lavoro.

“Nei primi giorni dell’anno mi sono state date 7 o 8 pratiche su cui lavorare, che ho smaltito in poche ore e lunedì 2 maggio mi è stato consegnato un fascicolo da esaminare per successivi sviluppi. Nient’altro. Dal 19 aprile 2016, poi, sono stato nuovamente trasferito. La situazione per me è invivibile”, dichiara in una intervista concessa a Fanpage il 5 maggio 2016. Nel frattempo “ci sono colleghi che mi hanno tolto il saluto”, spiega.

Chissà se qualche volta si è pentito di essere tanto integerrimo.

I prezzi da pagare in nome dei propri sani principi sono sicuramente alti. “Con una moglie casalinga, gli avvocati da pagare e uno stipendio di 1500 euro è davvero dura sbarcare il lunario”, sospira sconsolato.

Anche per questo, all’interno dell’autorità anticorruzione, si è cominciato a parlare di un fondo da istituire per aiutare le persone oneste che, come Ruffilli, hanno il coraggio di dire no. Per pagarsi le spese legali o trovare un sostegno in caso di perdita del posto di lavoro.

A chi dovesse trovarsi nella sua situazione Alessandro consiglia di “denunciare subito”.

Per ricevere suggerimenti e aiuto dalle forze dell’ordine e, soprattutto, non rendersi complici. Non agire in questo modo del resto “significa accettare l’esistenza di un sistema che schiaccia l’imprenditoria sana e gli onesti”, afferma.

Perché Alessandro Ruffilli, uomo retto in un Paese difficile punteggiato di furbetti (per usare un eufemismo), ne è convinto: “E’ vero che si pagano dei prezzi ma si finisce col diventare anche più forti e in pace con sé stessi”. E forse è proprio vero. Ogni piccolo atto di coraggio rende migliori e  contribuisce a cambiare il mondo.

L’odissea di Alessandro Ruffilli: “Io trasferito perché non mi son fatto corrompere”ultima modifica: 2016-11-14T10:11:39+01:00da ugo565
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