L’Onu battezza la Palestina “Stato osservatore”

L’Onu battezza la Palestina “Stato osservatore”, ma Israele amplia gli insediamenti dei coloni

Con 138 voti favorevoli, 9 contrari e 41 astenuti, la Palestina è da giovedì un “Paese osservatore non membro” delle Nazioni Unite: come previsto, l’Assemblea generale ha approvato a larga maggioranza la risoluzione presentata dall’Autorità nazionale. Un’iniziativa diplomatica decisa per raggiungere due obbiettivi principali, ovvero sbloccare il processo di pace e rafforzare la posizione del suo presidente Abu Mazen, ma che non è priva di incognite. Sbollito l’entusiasmo, non è infatti detto che l’Anp si trovi in una migliore condizione rispetto agli obbiettivi della risoluzione. Innanzitutto, rimane irrisolta la questione legata all’unità del fronte palestinese: Hamas – che non ha mai visto di buon occhio l’iniziativa diplomatica, finendo per aderirvi a malincuore – continua a dominare la Striscia di Gaza, e agli occhi di buona parte dell’opinione pubblica araba incarna la vera resistenza contro Israele.
Israele costruirà 3.000 nuovi alloggi in Cisgiordania – Pronta la risposta di Israele che ha deciso di costruire 3mila nuove unità abitative per i coloni a Gerusalemme est e in Cisgiordani. E’ quanto ha rivelato un responsabile israeliano all’Afp. Alla domanda se poteva confermare un tweet in tal senso del corrispondente del quotidiano israeliano Haaretz, la fonte ha risposto: “E’ vero. A Gerusalemme est e in Cisgiordania”.
La pace è ancora lontana – E’ quindi probabile che lo Stato ebraico – che ha sottolineato come la decisione dell’Onu non cambi di una virgola la situazione sul terreno – non si veda per nulla costretto a tornare troppo in fretta al tavolo negoziale, non solo approfittando della persistente frattura tra le fazioni palestinesi ma sostenuto anche dal “no” statunitense alla risoluzione e da un’altra pericolosa divisione, quella all’interno dell’Unione Europea. Se Bruxelles non è in grado di fare da contrappeso a Washington nella regione, l’unica forza in grado di smuovere le acque non è certo il Palazzo di Vetro ma rimane la Casa Bianca. Il primo mandato dell’Amministrazione Obama a dire il vero non ha certo giustificato le speranze riposte quattro anni fa per una rapida (nei limiti del possibile) soluzione “dei due Stati”: e al momento, la posizione ufficiale americana rimane quella difesa anche da Israele, ovvero che da un coinvolgimento dell’Onu – passando così da un conflitto “privato” ad uno con un potenziale scenario internazionale, soprattutto da un punto di vista legale – il processo di pace ha poco da guadagnare.
Palestina potrà aderire anche alla Corte Penale Internazionale – La “statehood” palestinese infatti non cambia nulla sul terreno (di fatto, certificherebbe la creazione di uno Stato palestinese sulla cui necessità tutte le parti si dicono d’accordo) ma permetterebbe alla Palestina di aderire a tutte le istanze che dipendono dall’Onu come ad esempio la Corte Penale Internazionale: di qui la – non semplice, data la mancanza di precedenti e la vaghezza della giurisdizione – possibilità di coinvolgere i dirigenti dello Stato ebraico in processi relativi a crimini di guerra o contro l’umanità. Un’iniziativa che creerebbe a Israele sicuramente dei danni di immagine – come già accaduto in occasione del “Muro di separazione”, senza peraltro nessuna conseguenza pratica – ma che potrebbe anche essere sfruttata da un governo recalcitrante per bloccare ulteriormente il progresso dei negoziati: si spiega dunque lo sforzo da parte degli Stati Uniti e dei partner europei di convincere Ramallah a rinunciare a questa ipotesi.
Non c’è da attendersi alcun progresso nel processo di pace – La Cpi passerebbe dunque a far parte dell’arsenale di armi se non proprio spuntate di utilizzo più che dubbio destinate a far ripartire un processo impantanato da oltre due anni: anche Washington del resto ha una sola vera fiche da giocarsi presso Israele, ovvero una soluzione alla questione iraniana, che rischia però di aprire la possibilità di un conflitto – oltretutto nel cuore di una zona petrolifera fondamentale – che nessuno vuole. Lo stesso Stato ebraico sconta la mancanza di una alternativa moderata ai governi guidati dalla destra nazionalista e religiosa, che non hanno alcuna intenzione di alienarsi i voti dei coloni. In un tale panorama in cui da entrambe le parti i falchi dominano sulle colombe non occorre attendersi alcun progresso, almeno in tempi brevi: la soluzione dei due Stati è oggi nata, forse prematuramente, ma anche solo tenerla in vita fino a tempi più propizi non sarà semplice.
L’Onu battezza la Palestina “Stato osservatore”ultima modifica: 2012-11-30T19:11:42+01:00da ugo565
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