Sviluppo e Lavoro

Lo sviluppo nasce dal lavoro per il bene comune

 

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2012 alle ore 13:39.
L’ultima modifica è del 20 maggio 2012 alle ore 13:58.

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Non nascondo di far fatica a comprendere la contrapposizione che qualcuno intende marcare fra una fase di rigore e una di crescita nell’agenda dell’attuale governo del Paese: ciò che mi sembra chiaro è che nessuna crescita ci potrà essere senza mettere in ordine i conti e garantire solidamente le condizioni dello sviluppo.

È un ragionamento evidente, che ogni sana conduzione familiare accetta e che anche Gesù propone come regola di prudenza e serietà nella vita: «Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro” (Luca 14,28-30)». Rigore e crescita sono l’uno il presupposto dell’altra, e non sarebbe in buona fede chi volesse far credere che il rigore danneggia e l’ottimismo fatuo paga. Detto questo, è non di meno vero che il rigore va contemperato con l’equità, e che la crescita che lo presuppone presenta essa stessa delle condizioni di possibilità, che sono anzitutto etiche e spirituali.

 

Le ha espresse con incisività Benedetto XVI, parlando domenica scorsa a Sansepolcro, la città nata mille anni fa dall’utopia di far rivivere in terra toscana la santa Gerusalemme: «Oggi vi è particolare bisogno che il servizio della Chiesa al mondo si esprima con fedeli laici illuminati, capaci di operare dentro la città dell’uomo, con la volontà di servire al di là dell’interesse privato, al di là delle visioni di parte. Il bene comune conta di più del bene del singolo, e tocca anche ai cristiani contribuire alla nascita di una nuova etica pubblica. Ce lo ricorda la splendida figura del neo-beato Giuseppe Toniolo. Alla sfiducia verso l’impegno nel politico e nel sociale, i cristiani, specialmente i giovani, sono chiamati a contrapporre l’impegno e l’amore per la responsabilità, animati dalla carità evangelica, che chiede di non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri… È necessario ritrovare solide motivazioni per servire il bene dei cittadini».

Pur riferendosi direttamente all’impegno dei laici cristiani nella società, mi sembra che queste parole contengano un messaggio per tutti. In primo luogo esse richiamano come condizione basilare della crescita la presenza della «volontà di servire al di là dell’interesse privato, al di là delle visioni di parte». Il principio su cui si fonda questa condizione è così espresso da Benedetto XVI: «Il bene comune conta di più del bene del singolo». Se il “villaggio globale” è entrato nella grave crisi in cui si trova, è perché questo principio è stato ampiamente disatteso: il castello di carte costruito sulla menzogna di identificare economia virtuale della finanza ed economia reale della produzione e del consumo, ha potuto innalzarsi perché spinto dall’avidità di alcuni che non hanno esitato a sacrificare i risparmi dei piccoli per moltiplicare i propri guadagni.

 

Sviluppo e Lavoroultima modifica: 2012-05-21T09:21:13+02:00da ugo565
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