Caos procure: sfiducia e ritorsione dentro l’Anm
Il sindacato dei magistrati si spacca: 3 correnti vogliono “fare fuori” Magistratura Indipendente dalla giunta
Non c’è pace per la magistratura italiana. A consumare l’ennesimo capitolo di quella che sembra una crisi senza fine è la spaccatura della giunta dell’Associazione nazionale magistrati all’indomani del documento con cui Magistratura Indipendente ha blindato i suoi tre consiglieri del Csm autosospesi, insieme a un loro collega di Unicost, dopo che il loro nome è apparso nei documenti dei pm perugini che indagano su Palamara. Una decisione, presa nel corso di un’assemblea a porte chiuse, in contrasto il documento che l’Anm aveva approvato all’unanimità.
Non è bastata l’astensione del presidente del ‘parlamentino’ dei magistrati, Pasquale Grasso – membro di Mi – a placare gli animi delle altre correnti, che hanno chiesto di sfiduciare la giunta attuale e proposto un incontro urgente per il suo rinnovo. Incontro che, probabilmente, sarà convocato per il 16 giugno prossimo.
Area, Autonomia e Indipendenza e Unicost in un documento congiunto fanno sapere che il documento approvato dai magistrati moderati “esclude la possibilità di proseguire l’esperienza dell’attuale Giunta che vede la presenza e la presidenza di Magistratura Indipendente”.
Albamonte (Area): “Non è possibile che Mi quando è in Anm dice una cosa e quando si riuscire ne dice un’altra. Chiariscano”
Tra i più critici della scelta di Mi Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Anm e rappresentante di Area nel sindacato delle toghe: “Il nostro giudizio è che il documento di ieri di Mi abbia aperto una fase ulteriore di crisi istituzionale – dice a RaiNews 24 – Noi chiediamo un chiarimento: non è possibile che Magistratura Indipendente quando è in Anm dica una cosa e quando si riunisce ne dica un’altra”. La corrente dei magistrati progressisti, che si è riunita in congresso negli ultimi tre giorni a Roma, ha sostenuto più volte la necessità che i quattro togati autosospesi dal Csm lasciassero il loro incarico. Nel documento finale della tre giorni di Area, non a caso, si legge: “I consiglieri autosospesi si devono dimettere per consentire una ripresa dell’attività del Csm a pieno regime, evitandone lo scioglimento”.
Albamonte parla di rischio di “caos istituzionale” nel caso in cui i consiglieri dovessero tornare a lavorare nell’organo di autogoverno dei magistrati. I quattro togati, spiega, se non facessero un passo indietro offrirebbero su un piatto d’argento il pretesto per attuare riforme dell’ordinamento giudiziario che potrebbero rivelarsi dannose: “Chi in questo momento mantiene alta la fibrillazione non dimettendosi, o addirittura rientrando ad esercitare le funzioni di consigliere, alimenta il rischio che queste riforme passino e questo sarà un danno per l’autogoverno per i magistrati e per i cittadini”.
Possibile una giunta a tre, con l’esclusione di Magistratura Indipendente
Cosa succederà ora? A breve, forse già domenica prossima, potrebbe essere convocato il Comitato direttivo centrale dell’Anm. Tra gli scenari possibili, quello di una giunta a tre e, cioè, senza Magistratura Indipendente. E una nuova presidenza. Pasquale Grasso, in questo caso, sarebbe costretto a lasciare il vertice del ‘sindacato’ delle toghe dopo poco più di due mesi dalla sua elezione.
Attesa le decisione dei quattro consiglieri autosospesi. Ieri le pressioni di Ermini
I quattro togati autosospesi – Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli di Magistratura Indipendente e Gianluigi Morlini di Unicost – intanto, dovrebbero comunicare a breve la loro decisione. Il numero due del Csm, David Ermini, li ha incontrati nella mattinata dell′8 giugno e ha chiesto loro di scegliere tra il passo indietro e la ripresa a pieno titolo delle loro funzioni in tempi celeri. La loro decisione sarà determinante per un’eventuale ridefinizione della geografia delle correnti all’interno del Csm. La crisi, insomma, resta aperta. E all’orizzonte è difficile intravedere soluzioni.
L’assist di Renzi a Lotti: “Questo metodo non l’ha inventato lui, c’è sempre stato”
Nella questione interviene Matteo Renzi, che si schiera dalla parte del suo fedelissimo, Luca Lotti. Secondo i magistrati perugini l’ex ministro dello Sport partecipava alle riunioni clandestine insieme ad alcuni magistrati per ‘trattare’ sul nome del futuro capo della procura di Roma, procura davanti alla quale è indagato per il caso Consip. L’ex presidente del Consiglio parla di “ipocrisia” e le sue parole suonano più o meno come un così fan tutti. “Se mettessero un trojan nel telefono di ogni membro del Csm troverebbe discussioni simili. Questo metodo non l’ha inventato Luca Lotti, c’è sempre stato”.