Il costruttore pagava i politici ma non gli stipendi ai dipendenti

Figli da piazzare e biglietti allo Stadio. Le tangenti miserabili sul disastro di Roma. Il costruttore pagava i politici ma non gli stipendi ai dipendenti

Parnasi, che pagava i politici, sputtanato dalla sua segretaria . Davanti al suo ufficio c’è la fila dei questuanti con le loro richieste: i lavoretti, la mancetta, i figli da piazzare, i 15mila euro da incassare sotto falsa fattura, il progettino per il litorale da propinare agli elettori come una grande conquista, i biglietti gratis per la Roma

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Il costruttore Luca Parnasi

Confessa il braccio destro del costruttore Luca Parnasi, Luca Caporilli: “Pagavamo tutti, politici e anche dirigenti pubblici”. Caporilli sostiene  che il costruttore avrebbe dato 1500 euro persino al funzionario del dipartimento programmazione capitolino che redigeva materialmente i pareri del Comune sullo stadio. Pensate: 1500 euro: meno di quanto si spende per un motorino, un piatto di lenticchie.

“Non abbiamo soldi per pagare i dipendenti”

Ma nello stesso giorno arrivano anche i virgolettati della segretaria del costruttore, Elisa Melegari, che racconta ai magistrati: “Non avevano soldi per pagare i dipendenti della società. Parnasi sollecitava continuamente i bonifici per i politici e io gli dicevo: non abbiamo i soldi per i nostri!”. Dialogo sublime e drammatico. Due testimonianze trascurate rispetto alle tante altre piovute sui tavoli delle redazioni in questi giorni, perché rese da attori non protagonisti in questa inchiesta, testimoni che non fanno titolo solo con il loro cognome perché sconosciuti al grande pubblico.

La fotografia straordinaria dell’inchiesta

Come al solito, però, trascurare le seconde file con il criterio della notorietà è un grande errore,  se non altro perché in queste due frasi (e nei due lunghi interrogatori da cui sono tratte) c’è la chiave di tutto, una quintessenza che ci fa capire molto bene questa inchiesta e il mondo che racconta ed illumina con una luce vivida da romanzo neorealista.

Che fotografia straordinaria e insieme miserabile che ci consegnano Caporilli e la Melegari: il presunto corruttore ricco e indebitato, sull’orlo del fallimento ma impegnato in affari titanici, più grandi di lui. E poi la Capitale senza timone, lo stadio che si fa o non si fa, con il consulente che lavora gratis ma arrotonda, ostacolato nella delega che si scrive da solo per farsi l’incarico, dagli anonimi (ed eroici) legali dell’avvocatura del Comune che dicono: “Non si può fare”. Per quanto possa sembrare assurdo, finché non lo arrestano, in Italia un personaggio così può sembrare ed essere un vincente. Finché non lo arrestano è un potente che decide anche dei nostri soldi e delle nostre vite.

La geometria perversa di questo Paese

E così, grazie alle testimonianze attente dei suoi collaboratori, scopriamo la geometria perversa di questo paese: l’indebitato di successo che dispensa mance e pianifica piogge di denaro (non suo) mentre fuori dalla sua porta c’é questa folla che si anima, una (presunta) classe dirigente in ginocchio. Davanti all’ufficio di Parnasi c’è la fila dei questuanti con le loro richieste: i lavoretti, la mancetta, i figli da piazzare, i 15mila euro da incassare sotto falsa fattura, il progettino per il litorale da propinare agli elettori come una grande conquista, i biglietti gratis per la Roma (ma solo a chi era favorevole allo stadio), il contributo alla campagna elettorale che arriva  troppo tardi (“Dovevo far girare i soldi per le società di mamma”, dice Parnasi”), i contributi ai candidati emergenti che potrebbero vincere (il costruttore ha fiuto, vengono trombati tutti e due) e l’avvocato che riceve l’elargizione e che gli dice: “Non ho fatto in tempo a spendere i soldi, posso tenerli?”. Ma certo, caro, viene da dirgli.

Il paragone con Mani pulite

Invece Parnasi se li deve riprendere perché non siano tracciabili, e subito dopo glielo rende, passando ancora una volta alla falsa fattura per non farsi beccare (come avrete capito li beccano lo stesso – per fortuna – grazie alle intercettazioni). Fantozzi in versione Tangentopoli. Solo che nelle inchieste di Mani pulite tutto era grande e drammatico, la corruzione, i suicidi,  l’inquisizione e la pena,  i primogreganti, persino le tangenti erano maxi.

Tangenti di quaqquaraquà

Questi sono -come si dice a Roma – soltanto “stracciaculi”, ominicchi, quaqquaraquà. C’è la destra, c’è la sinistra, ci sono quelli del M5s, ci sono le fondazioni dei partiti (Pd e Lega), ci sono – come abbiamo visto – i funzionari pubblici. Molti di questi contributi erano “erogazioni liberali”, in linea teorica legali e forse non  porteranno a nessuna condanna, se non quella politica, in questo caso del tutto legittima. Altri – invece – erano vere e proprio tangenti mascherate, ma nemmeno troppo. Gente che svende la propria vita, la propria storia, la propria identità professionale o politica per quattro spiccioli.

Un grande, drammatico, saggio sulla commedia all’italiana. Con inevitabile finale ad epitaffio: siamo uomini o Caporilli?

Il costruttore pagava i politici ma non gli stipendi ai dipendentiultima modifica: 2018-08-18T19:24:02+02:00da ugo565
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