Abbiamo perso la calligrafia. Scrivere bene a mano rende più intelligenti

Abbiamo perso la calligrafia. Scrivere bene a mano rende più intelligenti

Se un bimbo ha difficoltà a scrivere, si pensa subito che sia malato. E invece manca solo l’esercizio

di ANDREA CIONCI

Bambini a scuola (Newpress)

Bambini a scuola (Newpress)

Il corsivo, questo sconosciuto. Nell’epoca dei tablet e di device la calligrafia da almeno mezzo secolo non è più prevista nella didattica scolastica. Che si appresta ad affrontare l’ultima grande rivoluzione che rischierà di mandare in pensione la penna a sfera tra i banchi, con l’avvento dei tablet. Così come ha annunciato il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli. C’è sempre di più un vero e proprio movimento trasversale (da genitori a presidi, passando anche per associazioni culturali e non) che chiedono di non mettere una pietra tombale sull’arte dello scrivere. Ma di conservare la tradizione. 

Roma, 2 dicembre 2017 – C’era una volta l’ora di calligrafia: i bambini in grembiule, silenziosi e disciplinati, imparavano a tracciare zampe, pance e stanghette delle lettere in corsivo. Poi venne il ’68 e l’ora di calligrafia, vista come un’imposizione che limitava la libera espressione dell’individuo, venne espunta dai piani di studio. A quasi 50 anni di distanza è ora di fare un bilancio. L’Associazione Quaderniaperti rende disponibile sul web un’imponente raccolta di quaderni scolastici dagli anni ’30 agli anni 2000. Purtroppo, dal punto di vista grafico-estetico, il confronto è umiliante per i quaderni più recenti e, per giunta, nemmeno dal punto di vista dei contenuti si registrano progressi degni di nota. «Ho potuto confrontare migliaia di quaderni – spiega Thomas Pololi, artefice della raccolta –. Certamente, negli anni ’30, le tracce fornite dagli insegnanti erano diverse e generalmente indirizzavano i bambini all’obbedienza e al rispetto dei valori del mondo degli adulti. Tuttavia non ho notato particolari diversità tra la fantasia e la creatività dei bambini di ieri rispetto a quelli di oggi». Pare dunque che l’abolizione dell’ora di calligrafia non abbia sortito un ampliamento delle capacità individuali, ma che abbia prodotto solo una scrittura disordinata e poco intellegibile.
Anche considerando i recenti episodi di cronaca che riguardano la scuola (grave indisciplina, aggressioni ai docenti, abuso dei mezzi di correzione) i quaderni scolastici forse mettono nero su bianco il fallimento di un’intera impostazione educativa. «E’ stato un errore – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi – rinunciare ai concetti di disciplina e ordine pensando che questo potesse limitare la libertà di pensiero di bambini e ragazzi: è esattamente il contrario. Oggi dobbiamo affrontare tutti i problemi derivati da una repulsione aprioristica e spesso ideologizzata di un sano dirigismo educativo».
Una responsabilità non da poco, in questo declino, spetta anche agli strumenti: «La penna cancellabile è stata deleteria – spiega Francesca Biasetton, presidente dell’Associazione Calligrafica Italiana (ACI) –. Com’è possibile imparare se non si vedono i propri errori? Ottima era, invece, la stilografica, che induceva ad assumere una corretta postura e ad esercitare la giusta pressione sulla carta. Ma il vero colpo di grazia è stato dato dall’uso di smartphone e tablet, sempre più diffuso e invasivo». A questi device, piuttosto, il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli (Pd) si è detta favorevole tanto da istituire, lo scorso settembre, una commissione ministeriale per definire il loro utilizzo in classe. Capita, dunque, che i bambini imparino prima a passare il dito sul tablet che non a scrivere. Nelle scuole spesso si preferisce far usare ai ragazzi in stampatello, tanto che, in certi casi, ne viene fuori un curioso ibrido, uno ‘stampatello-corsivo’ con lettere attaccate le une alle altre.

 

Il noto pedagogista Benedetto Vertecchi ha spiegato, durante un recente convegno presso l’Aci: «Oggi il bambino che non sa scrivere bene, così come quello che non sa fare le addizioni, viene immediatamente patologizzato con diagnosi di discalculia, disgrafia etc. Chiediamoci se, invece, non c’è un problema molto più normale di abitudine all’uso e di esercizio. Io stesso ho compiuto una verifica: per tre mesi e mezzo, ogni giorno, ho invitato i bambini delle elementari a scrivere un breve testo in corsivo: ne erano felici e gratificati. Soprattutto, ho notato dei nettissimi miglioramenti nella loro proprietà di linguaggio e nell’organizzazione del pensiero». «E’ il fenomeno, poco studiato, della mentalizzazione – spiega il grafologo Francesco Pesce –. Se da un lato capita che problemi psichici possano manifestarsi con difficoltà nello scrivere (somatizzazione), per lo più si ignora quanto l’esercizio alla bella grafia riesca invece a ordinare e a stimolare la mente».
Conferma la pedagogista e psicomotricista Viviana Federici di Martorana, autrice del volume «Perché il corsivo nella didattica», (Erga ed.): «Il corsivo è naturalmente psicofunzionale, curativo e preventivo. E’ arte, offre alla persona la possibilità di mettere sulla carta la parte migliore di sé. Certo, occorre un po’ di fatica (poiché mette in dialogo il sistema corticale con quello sotto-corticale) ma senza fatica non si ottiene altro che demotivazione e impreparazione». Il Miur sembra andare in tutt’altra direzione, tendendo a rendere tutto sempre più facile per i ragazzi. Finora non risulta sia stato fatto nulla per implementare lo studio della calligrafia.

Abbiamo perso la calligrafia. Scrivere bene a mano rende più intelligentiultima modifica: 2018-05-13T06:38:14+02:00da ugo565
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