L’orologio rotto della Leopolda

L’orologio rotto della Leopolda

Viaggio tra i militanti dove la ferita del 4 dicembre brucia ancora. Calcetto, manovre su Consob e Millennials: cronaca di una giornata nella pancia del renzismo

LAURA LEZZA VIA GETTY IMAGES

Ecco Luca Lotti: “Oh ragazzi, ma lo sapete che alle tre si gioca a calcio con la nazionale parlamentare femminile?”. Accanto c’è Matteo Richetti, sorridente e divertito: “Non dirlo che, se vengono, oscuriamo mediaticamente la Leopolda”. Alle tre, allo Stadio Bozzi, non troppo lontano dalla Leopolda, Lotti e Richetti, scarpette e calzoncini, sono a tirare calci al pallone, con la squadra femminile, rigorosamente renziana: Bonaccorsi, Malpezzi, un undici titolare di fedelissime.

È il renzismo, bellezza: stile da novelli Peter Pan mai cresciuti, giovanilismo spinto e ostentato, eterni adolescenti compiaciuti dell’essere tali. Ieri un minuto di silenzio sulla strage nella moschea egiziana, in tono solenne. Oggi il battutismo e poca gravitas, politica ed emotiva. Poco prima Richetti, grande protagonista della scorsa edizione, sale sul palco, sempre facendo il giovane di professione: “Che formicaio di gente, che casino questa Leopolda… È la Leopolda otto. Altre due puntate e diventiamo una serie tv, come Gomorra o The Young Pope”. Pausa, nell’attesa di un applauso che però non scatta, nella sala sonnecchiosa e distratta dei “tavoli tematici”.

Sul palco però va in scena un’altra serie, ovvero la possibile nuova puntata del conflitto con le banche, perché c’è Marco Fortis, l’economista “ottimista”, già collaboratore di Tremonti, molto inserito nel mondo che conta tra finanza e industria sin da quando iniziò a collaborare con Carlo Sama, il famoso “Carlo il bello”, ex manager del gruppo Montedison e cognato di Raul Gardini. Poi nei cda di Edison, Eridania Beghin Say e Antibioticos, fino alla collaborazione con Renzi a palazzo Chigi. Quello di Marco Fortis, curriculum di tutto rispetto nel settore, ma certo non “super partes”, al momento è uno dei nomi “graditi”, forse il più gradito, per la sostituzione di Giuseppe Vegas alla Consob.

È una casella cruciale, la presidenza dell’autorità che multò Boschi senior su Etruria, nell’ambito dell’offensiva su Bankitalia scatenata nella commissione d’inchiesta sulle banche, dove Consob è stata già chiamata per dichiarare sulle informazioni ricevute da via Nazionale nei casi delle banche insolventi. Fortis, seduto accanto a Richetti, parla di economia, della “ripresa” del paese in questi anni, pari a quella francese e inglese: “C’è una differenza tra la realtà e la realtà percepita. La realtà è di una crescita forte, soprattutto nei settori del manifatturiero e del turismo”. E chissà se è colpa dei giornali, altro grande classico da queste parti, se non tutti la pensano così.

Leopolda in tono minore, più affollata di gente e solitaria (politicamente) al tempo stesso, grondante di retorica dei millennials per coprire l’assenza di tutte le figurine di successo di questi anni, ma anche “politiche”, da Chiamparino a Bonaccini. Millennials sul palco, sopra una platea di mezza età, anzi un po’ agée: “Ma la strategia – si chiede un amministratore – quale è? Bene i mille giorni, bene tutto, ma con quali proposte andiamo?”. È una Leopolda in tono minore, ansiosa di raccontarsi che non è finita. Dice Francesco Crò, che si occupa di comunicazione per il Pd: “Mi chiedi che gente c’è? Beh, questi sono i suoi, i suoi di Renzi voglio dire, sono avvelenati di partecipazione, lo vogliono sostenere. Insomma, vogliono dire e dimostrare che non è finita col 4 dicembre”.

Già. Al tavolo che l’anno scorso, e quello prima, e quello prima ancora era presieduto da Maria Elena Boschi – il famoso tavolo sulle “riforme” – quest’anno c’è Roberto Giachetti. È uno sfogatoio in libertà: “Serve una riforma fiscale”, “serve una riforma degli ordini professionali”, serve pure una lezione ai giudici: “Perché quando un magistrato come Woodcock sbaglia non viene espulso e condannato? Dobbiamo raccogliere le firme per la separazione delle carriere”. Alla fine Giachetti sbotta: “Voi state dicendo cose sacrosante, tutte giuste, ma ce la vogliamo dire la verità? E la verità è che la sconfitta del 4 dicembre ha prodotto danni in tutti i settori. E poiché non siamo D’Alema, non siamo dei venditori di fumo, non possiamo dire che in sei mesi si sistema tutto. Ci vuole tempo. E la responsabilità è di chi ha ingannato i cittadini dicendo che la riforma rappresentava la deriva autoritaria”. Scatta l’applauso, forte.

Perché c’è poco da fare. Tutte le chiacchiere sulle alleanze, sulle aperture, sulle consultazioni di Fassino, franano nell’animus delle persone. La ferita del 4 dicembre brucia ancora, ed è come se l’orologio politico fosse ancora fermo lì. La signora seduta accanto a Giachetti: “Siamo rimasti a bocca asciutta, lì stiamo”. E con una grande paura per quel che accadrà: “Ma guarda – dice Stefano Ceccanti – che non è vero che siamo condannati ad arrivare terzi. Al Senato noi siamo secondi perché non votano quelli tra i 18 e i 25 anni (i millennials, ndr), che in maggioranza stanno con Grillo, mentre alla Camera con una coalizione ce la giochiamo col centrodestra”. È comunque una bella falcidiata per il gruppo parlamentare uscente. Quello sì, presente in massa, come mai: prime, seconde, terze file di stretta osservanza renziana. Un gruppo di lavoro è coordinato da Gianfranco Librandi, ex Scelta civica, frequentatore assiduo delle trasmissioni Paolo Del Debbio, non proprio uno di sinistra. Manuela Repetti, invece, ex Forza Italia, moglie di Sandro Bondi, è rimasta solo il primo giorno. Passa Claudio Velardi, vecchio volpone che ne ha viste tante: “L8, Lotto… Qua tutti dicono ‘lotta lotta’. Bah. Ma che è ‘sta lotta?”.

L’orologio rotto della Leopoldaultima modifica: 2017-11-26T09:23:24+01:00da ugo565
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