La guerra alle fiamme che l’Italia ha voluto perdere.

La guerra alle fiamme che l’Italia ha voluto perdere. La tragedia annunciata nella regione più verde d’Europa

In Abruzzo non è ancora stato domato il terrificante incendio che da 12 giorni devasta il Monte Morrone, nel parco della Majella. Un precedente inquietante: l’incendio di Campo Imperatore. La denuncia degli ambientalisti: “Carenze organizzative e gestionali”

La guerra alle fiamme che l'Italia ha voluto perdere. La tragedia annunciata nella regione più verde d'Europa

Una tragedia annunciata. La terribile serie di incendi che da ben 12 giorni sta devastando il Monte Morrone, in pieno Parco della Majella, è certamente frutto della mano criminale dei piromani, ma anche di un’incredibile serie di carenze gestionali e organizzative, denunciate dalle associazioni ambientaliste sin dalla fine di giugno. “Abbiamo letto esterrefatti le parole del capo della Protezione Civile Nazionale Curcio che ha stigmatizzato il fatto che la Regione Abruzzo insieme ad altre 5 regioni è priva di un proprio supporto aereo per lo spegnimento”, scrivevano il 30 giugno i responsabili della Stazione Ornitologica abruzzese (Soa) e Nuovosensocivico in una lettera indirizzata alle istituzioni locali, al ministero dell’Ambiente, ai prefetti e per conoscenza alle otto procure abruzzesi. In quella lettera si lanciava un allarme preciso sul fatto che la regione non si fosse adeguatamente dotata di aerei canadair ed elicotteri e si chiedeva di rimediare con urgenza alla carenza di mezzi e uomini dislocati per la campagna antincendi in una delle regioni a più alta presenza di riserve naturali e di compendi boschivi in Italia.  Si richiamava in particolare l’obbligo di ottemperanza per le Regioni delle disposizioni contenute nella legge 225/92 sul sistema della protezione civile, come riformata nel 2012 dal governo Monti: sono le regioni a dover provvedere “all’ordinamento degli uffici e all’approntamento delle strutture e dei mezzi necessari alle attività di protezione civile, avvalendosi dell’apposito Comitato regionale”. Sul punto, la Protezione Civile Nazionale aveva risposto il 18 luglio confermando in maniera inequivocabile le competenze e la responsabilità degli enti territoriali riguardo la materia degli incendi boschivi.

Carenze organizzative regionali e le difficoltà della Riforma Madia

Nonostante ciò, denunciano ancora gli ambientalisti, “solo ai primi di luglio, quando già era evidente l’eccezionalità della stagione, fu firmata dalla Regione Abruzzo una misera convenzione con i VvF, per un solo elicottero dei VVF  e per un totale di una squadra per provincia. “Stiamo parlando di una convenzione da 400 mila euro, a fronte di danni provvisori stimati fra i due e i tre milioni di euro solo per l’incendio del monte Morrone”, spiega Augusto De Sanctis, storico portavoce del Forum H2O in Abruzzo ed animatore di numerose iniziative di vigilanza ambientale nella regione. “Non solo. E’ mancata totalmente finora una strategia di prevenzione e una sottovalutazione del rischio incendi: dalla messa in campo di un’efficace intelligence nel territorio, alla sistemazione delle fototrappole, alla manutenzione delle torrette di avvistamento. Nel Parco della Majella ad esempio c’è una stazione per la telerilevazione in avaria dal 2003. Si è dovuto attendere al 2015 per la sua inclusione nel piano antincendio del parco con relativa previsione di ripristino per un ammontare di 50 mila euro. Ripristino non ancora avvenuto”.

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“Non sappiamo quanto abbia inciso l’attuazione della riforma Madia che ha previsto l’accorpamento dei Forestali al corpo dei Carabinieri con il problematico passaggio di funzioni ai Vigili del Fuoco. Sappiamo per certo che questo incendio è stato gestito malissimo, sin dall’inizio. A partire dalla sottovalutazione del primo focolaio, a quella dell’intervento del giorno seguente e di quelli ancora successivi. E’ cronaca tragica di questi giorni la confusa gestione dei volontari che si sarebbero dovuti occupare della bonifica delle aree già percorse dal fuoco: presentatisi sul posto, dapprima sono stati invitati a tornare a casa, poi richiamati dal Dos (direttore delle operazioni di spegnimento dei VVFF), infine nuovamente congedati perchè di fronte al crescere delle difficoltà si è preferito far lavorare la gente del posto, con una maggior conoscenza del territorio. A nulla sono valsi i nostri appelli all’invio in forze dell’esercito italiano. Alla fine da Roma sono arrivati 50 alpini, che per giunta a causa di sbagliate informazioni si stavano dirigendo dritti verso l’incendio a Vicenne, in una zona ad alto rischio. Sono stati recuperati dai volontari di Pratola Peligna, ed accompagnati fino a zona San Pietro”.

“A rendere la dimensione del caos in quelle ore, ci sono poi le dichiarazioni ai tg nazionali del Dos Giuseppe Rapagna”, prosegue De Sanctis. (“Ci stiamo inventando di tutto, uomini che salgono anche con le attrezzature più strane, anche inventate al momento“, aveva risposto a una giornalista).

Le immagini dei devastanti incendi che da settimane devastano l’Abruzzo:è emergenza ambientale sul monte Morrone.

Inquietanti precedenti: l’incendio di Campo Imperatore

La tragedia del monte Morrone dunque era ampiamente prevedibile, e soprattutto, era stata preceduta di poche settimane da un altro devastante incendio, che per 5 giorni ha imperversato a Campo Imperatore, nel Gran Sasso. “Si tratta di un fatto molto più grave sul piano organizzativo-gestionale di quanto accaduto alla Majella”, spiega De Sanctis. “E’ accaduto perchè all’interno delle aree naturalistiche sono state ripetutamente ignorate le più elementari regole di comportamento che occorrerebbe invece far rispettare con rigore. Qui l’incendio è partito dalla prateria. Un’area delicatissima dove invece era stata autorizzata nientemeno che la sagra della Pecora, con 30 mila presenze, e senza che fosse stata approntata nelle vicinanze nemmeno un’autobotte per prevenire incidenti davanti ai numerosi barbecues incredibilmente approntati per l’occasione. Anche in quel caso, dopo i ripetuti allarmi preventivi, la Soa aveva depositato un esposto sull’incendio a Campo Imperatore alla Procura della Repubblica di L’Aquila e alla Corte dei Conti, per verificare la correttezza dei vari enti, dall’ente Parco che avrebbe autorizzato la manifestazione in assenza dell’obbligatoria Valutazione di Incidenza Ambientale alla Camera di Commercio che avrebbe omesso di presentarla”.

Campo Imperatore, il punto da cui è partito il rogo del 5 agosto

La procura: c’è un’unica mente dietro gli incendi

Boschi, praterie, flora, animali, un enorme patrimonio di biodiversità è già in fumo. L’epicentro di quello che si profila oggi come il più violento incendio dell’ultimo decennio nel Parco, sono le pinete poste sui versanti occidentale e meridionale del Monte Morrone. Una situazione drammatica che si fatica a domare, a causa dei continui nuovi inneschi posizionati alle spalle delle linee tagliafuoco che suggeriscono la l’ideazione di una vera e propria pianificazione militare per compiere il maggior danno possibile, in maniera scientifica. Una strategia diabolica dietro la quale, secondo Giuseppe Bellelli, procuratore della Repubblica a Sulmona, potrebbe nascondersi un’unica mente.

E’ certamente troppo presto per concentrare i sospetti in un’unica direzione, mentre le indagini sono ancora in corso. Il sospetto corre però all’ipotesi di interessi economici inconfessabili. Un vero e proprio “business del fuoco“, così lo definisce il quotidiano AbruzzoWeb, che ricorda come la flotta aerea nazionale dell’antincendio, esattamente come quelle regionali, sia incredibilmente in mano ai privati. Sembra assurdo infatti, ma i 16 Canadair, i 4 elicotteri Erickson S64F, gli 8 elicotteri del Comparto Difesa e del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, sono tutti affidati a piloti di società private.

Società che guadagnano 15 mila euro per un’ora di volo dei canadair, e 5 mila per un’ora di volo degli elicotteri, più i compensi per logistica e manutenzione: un business stimato in circa 250 milioni all’anno. Una privatizzazione di un servizio essenziale per la sicurezza nazionale, che a rigor di logica dovrebbe essere in totale mano pubblica.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha aperto  un’istruttoria a marzo proprio sugli appalti sia nazionali che regionali per i servizi di antincendio boschivo, sospettando una presunta “intesa anticoncorrenziale” e la “turbativa d’asta“, in atto dal 2000 tra alcuni dei principali operatori del mercato. Sotto osservazione sono finite la Babcock, con sede legale a Milano, ma interamente posseduta da una società di diritto spagnolo, che si è aggiudicata fino al 2019 l’appalto nazionale per far volere i canadair dello Stato, e le società che si sono aggiudicate il servizio anti-incendi boschivi nelle varie regioni: l’Airgreen di Torino, l’Elifriulia di Gorizia, la Heliwest di Asti, l’Eliossola di Verbania, l’Elitellina di Sondrio, la Star Work Sky di Alessandria. Nel primo caso vengono forniti i piloti per far volare i canadair dello Stato, più i servizi di logistica e manutenzione. Nel secondo caso, quello delle regioni, sono messi a disposizione oltre al personale anche gli elicotteri. Coinvolta nel procedimento anche l’Associazione elicotteristica italiana (Aei), composta da soci manutentori, venditori di aeromobili e operatori aerei.

Un bollettino di guerra che non è ancora chiuso

Il bilancio ancora provvisorio  parla di oltre tremila ettari andati in fumo, cioè quasi il 5% dell’intera superficie del Parco. Solo oggi, dopo 12 giorni di altissima emergenza, sul monte Morrone il fuoco sembra dare un minimo di tregua all’avanzata delle fiamme verso valle. Da meno di 24 ore il fronte dell’incendio si è fermato risalendo lentamente verso la montagna. Ma l’allerta resta massima. Restano due le priorità d’intervento: il fronte del Morrone nella zona tra Bagnaturo e Roccacasale e quella del Parco del Sirente con i Comuni di Secinaro e Goriano Valli. Ieri sono entrati in azione a Sulmona l’elicottero Erickson in dotazione alla Regione e due Canadair con il supporto di elicotteri dei vigili del fuoco mentre un terzo Canadair ha operato sul rogo di Secinaro. A terra, continua l’instancabile lavoro degli 800 volontari della Protezione civile abilitati allo spegnimento coadiuvati da 120 moduli Aib, fuoristrada dotati di autobotte e pompa idraulica, mentre sono circa 1.000 i volontari abilitati all’avvistamento e sorveglianza che operano nelle azioni di spengimento accanto ai Vigili dei fuoco. Fra loro anche tanti membri delle associazioni ambientaliste, compreso De Sanctis, che in poche righe su Facebook ha sintetizzato così la situazione nella nottata: “L’incendio tra Prezza e Goriano che sta per scavalcare il crinale. Ogni tanto appaiono le fiamme, ricacciate indietro da valorosi che credo stiano intervenendo anche di notte dalle strade. A distanza di vari chilometri, vedo come puntini auto con lampeggianti fare sopra e sotto E poi il riverbero nella notte come un enorme bagliore di quello che dovrebbe essere il fuoco a Colle delle Vacche sul Morrone. Non lo vedo direttamente. Qui è tutto buio, vento e splendidi animali notturni che con i versi spezzano la notte. Dover essere arrivati a fare le ronde per difendere posti così straordinari della nostra terra ti fa, certo, riflettere”.

La guerra alle fiamme che l’Italia ha voluto perdere.ultima modifica: 2017-11-10T19:36:25+01:00da ugo565
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