Un anno senza Pannella è come un secolo. Ahimé piuttosto buio…

Un anno senza Pannella è come un secolo. Ahimé piuttosto buio…

19/05/2017 09:00 CEST | Aggiornato 19/05/2017 09:25 CEST

GLORIA IMBROGNO

Dicesi “elaborazione del lutto

La rielaborazione emotiva dei significati, dei vissuti e dei processi sociali legati alla perdita dell'”oggetto relazionale”, ovvero della persona (parente o amico) con la quale si era sviluppato un legame affettivo significativo, interrotto dal decesso della stessa. Il processo di elaborazione del lutto, in base all’intensità del legame affettivo interrotto, alle sue modalità, e a diversi fattori protettivi o di rischio, può essere di durata e complessità variabile. Solitamente, nella sua fase acuta, viene completato entro 6-12 o anche 24 mesi in caso di perdite di figure relazionali primarie (genitori, figli, partner), anche se non sono infrequenti possibili sequele per periodi successivi; si deve comunque tenere conto che il processo di elaborazione è fortemente soggettivo, e può durare per tempi assai variabili in base a fattori personali e situazionali.

L’elaborazione del lutto ha una dimensione personale e, con tutto quel che ciò comporta, attiene alla dimensione emotiva dell’individuo. Certo, nei casi in cui l'”oggetto relazionale” è un personaggi pubblico, il “personale” diventa “politico”, ma sicuramente le implicazioni psicologiche del singolo non possono collettivizzarsi e prendere sopravvento sulla realtà.

Marco Pannella è morto l’anno scorso a 86 anni dopo qualche mese di ritiro domestico e alcuni anni di progressivo peggioramento delle sue condizioni psico-fisiche. Negli ultimi 12 mesi sono state dette e scritte talmente tante cose su di lui che dal numero di articoli, saggi o volumetti pubblicati, e dal numero di “pannellologi” apparsi, par quasi che sia nato un genere letterario ad hoc.

Trattandosi però di un leader politico, e di partito, l’assenza di Pannella sembra esser diventata il motivo (ri)fondante della politica radicale, anzi Radicale con la “R” maiuscola. C’è chi ne sente la mancanza, chi l’assenza, chi non vedeva l’ora, chi ne recupera le citazioni più sconosciute, chi sbertuccia gli slogan più noti, chi tappezza i social con foto rubate o immagini storiche, chi lo usa come arma fratricida, chi se ne sbatte altamente.

Chi ne ricorda i momenti duri, chi l’umanità, chi preferisce il Pannella abruzzese chi quello transnazionale, chi quello degli albori, chi quello della soffitta, chi fa emergere i propri o altrui odii chi pratica ipocrisie o millanta ricordi, chi ce la mena coi gabbiani. Insomma un caos molto umano e, se Pannella fosse ancora vivo, magari anche foriero di creatività. Ma Pannella purtroppo non c’è più. E questo è un dato di fatto che occorre sempre tener bene a mente.

La morte di Pannella, almeno per me, non “sembra ieri”. Un po’ perché il “mio” Pannella non era più lui dal 2011, un po’ perché le mie elaborazioni dei lutti sono, magari per un superficiale ed egoistico riflesso auto-difensivo, veloci. La psichiatra svizzera Elisabeth Kübler Ross, considerata la fondatrice dell’approccio psicotanatologico all’elaborazione del lutto, ha teorizzato cinque fasi di questo complesso processo ma le inquadra comunque in un lasso temporale definito intorno all’anno.

Questi 12 mesi senza Pannella sono stati 12 mesi di grandi – prevedibili, se non previste o ricercate – rotture tra chi ha “subito” il lutto. Rotture che hanno portato a una profonda revisione di cosa possa, debba o voglia essere la politica Radicale e di chi sia titolato a portarla avanti o possa esser all’altezza del “fai quello che devi, accada quello che può”.

Far qui il calendario di chi abbia fatto cosa, come, con chi e perché sarebbe cosa (forse) utile ma magari poco opportuna nel giorno in cui si vuol ricordare Marco Pannella. Men che meno mi par utile interrogarsi sul “cosa avrebbe detto” o “cosa avrebbe fatto” Pannella nell’oggi della politica italiana e mondiale.

Per quanto molta della letteratura (critica) di Pannella vivo lo volesse narciso, mangiatore di figli, egocentrico eccetera, Pannella non era dedito al culto della (propria) personalità. Se così fosse stato si sarebbe occupato, tra l’altro, di lasciare dettagliate istruzioni per il “dopo di lui” che avrebbero individuato priorità, metodi e meriti per la tutela della sua eredità personale e politica. Invece non ha lasciato un testamento né disposizioni anticipate di trattamento.

Sapendo di non star bene da diverso tempo, e non avendolo comunicato pubblicamente come ha fatto Emma Bonino, in piena e totale libertà Pannella ha lasciato quelli che l’hanno seguito negli anni, e fino agli ultimi giorni, di fronte alle proprie responsabilità. Certo ha lasciato il patrimonio a uno solo, ma questo ai miei occhi è un dettaglio irrilevante (resto convinto che dalle parti del Partito Radicale non si faccia politica per i soldi).

Pannella non era un pedagogo, non si preoccupava di formare discepoli, faceva politica radicale, quindi liberale, nonviolenta e riformatrice. Sicuramente aveva positivi o pesanti ascendenti su chi lo frequentava, ma come si “riuscisse a dar corpo” alle idee, sue o di altri Radicali, era lasciato alle individualità che s’incamminavano, con lui o il Partito Radicale, verso il perseguimento di obiettivi precisi. Tra questi non c’era l’ottimizzazione delle risorse o quella dei talenti ma, come si dice, “nessuno è perfetto”.

Però a tutto c’è, anzi ci deve essere, un limite. Il futuro della politica Radicale non può esser rivolto al passato né al mantenere vivo un ricordo ineludibile come quello di quel che è stato Marco Pannella per il Pr e la storia politica italiana, europea e internazionale. L’agenda politica globale è piena di DNA, big data, blockchain, bitcoin, microdosing, microtargeting, genome editing e chi più ne ha più ne metta.

A me Pannella non manca, e non lo dico perché abbia elaborato il lutto o mi sia emancipato politicamente, non mi manca perché son abituato a far tesoro delle reali presenze più che rimaner imbrigliato (o imbrogliato) dalle assenze o a favoleggiare di metafisiche compresenze.

Questi 12 mesi dalla morte di Pannella hanno straziato i Radicali. Non si poteva pretendere che potessimo esser immuni dalle ripercussioni di una perdita enorme che quella – e sicuramente il peggio deve ancora venire – ma chi fa politica Radicale deve reagire laicamente davanti alla morte.

C’è quindi da sperare che il primo anniversario della “scomparsa” di Marco Pannella coincida con l’avvenuta elaborazione del lutto e inviti tutti a guardare avanti, oltre gli ostacoli e oltre Chiasso. Altrimenti sarà solo flatus voci con precisi nomi e cognomi.

Un anno senza Pannella è come un secolo. Ahimé piuttosto buio…ultima modifica: 2017-06-14T20:18:30+02:00da ugo565
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