A Roma scoppia il caso della “spazzina-facchina”

A Roma scoppia il caso della “spazzina-facchina”. La Capitale affonda nei rifiuti fra assunzioni pilotate e vendute

In un video si vede una donna dell’Ama, Azienda Munipale Ambiente, trascinare il cassonetto in salita

Il video mostra una spazzina romana al lavoro. Spazzina, non “operatrice ecologica” come vorrebbe il dizionario del politicamente corretto, perché le condizioni in cui la donna lavora non sono affatto corrette. Nemmeno “igienicamente corrette”. La si vede, in fondo a una rampa, afferrare le maniglie di un cassonetto stracolmo di rifiuti – che in parte si rovesciano – e poi trascinarlo su per la salita fino al camion distante una decina di metri. Operazione poi ripetuta undici volte, con altrettanti cassonetti. Siamo a Roma, nel rione Ottavia, ma potremmo essere nella periferia di qualunque metropoli del Terzo Mondo. “Cioè, nun se po’”, non si può, commenta una voce fuori campo nel video pubblicato sulla sua pagina  Facebook dal segretario della Cgil Funzione Pubblica di Roma e del Lazio, Natale Cola.

In realtà, come lo stesso filmato dimostra, “si può”, eccome. D’altra parte all’Ama, Azienda Munipale Ambiente, la public utility del Comune di Roma, poco meno di 8000 dipendenti e qualche decina di fascicoli negli uffici della procura della Repubblica, per anni si è potuto tutto. Anche assumere parenti e amici e vendere i posti di lavoro.

Cola ha spiegato di aver postato il video della facchina-spazzina per dimostrare che il caos dell’Ama non colpisce solo la cittadinanza, ma anche i dipendenti. I tanti operatori ecologici che svolgono con diligenza e impegno il loro lavoro e che spesso – a causa della pessima fama dell’azienda – vengono guardati con diffidenza e sospetto, come se fossero una banda di  raccomandati e di scansafatiche. “Scene come queste, purtroppo ordinarie – ha detto al Corriere della Sera – non sono più tollerabili. Sono il risultato di una raccolta differenziata pianificata inizialmente pensando più alla propaganda che al funzionamento dei servizi ai cittadini. Bisognava ripensare l’organizzazione del lavoro e del servizio sul territorio, mentre si è preferito affidarsi a società private che hanno operato in modo rigido e troppo spesso illogico”.

Il fatto è che per anni l’AMA, accanto all’attività di raccolta dei rifiuti, ne ha svolto un’altra. E’ stata una delle “vacche da mungere” (il copyright della definizione è di Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative, con Massimo Carminati il protagonista principale dell’indagine su Mafia Capitale) attorno alle quali ha lucrato denaro, attraverso gli appalti, e consenso, attraverso le assunzioni facili, il cosiddetto “Mondo di mezzo”. Poco più di un anno fa, dopo un lunghissimo iter, il consiglio d’amministrazione finalmente ha deciso il licenziamento di 34 dei 41 dipendenti per le cui assunzioni (avvenute nel 2008 a chiamata diretta) il tribunale di Roma pochi mesi prima aveva condannato l’ex amministratore delegato, Franco Panzironi, e altri dirigenti. Nella sentenza si sottolineava che le assunzioni erano state fatte sulla base di un unico requisito: i rapporti di parentela, di amicizia, di clientela con esponenti politici. Uno di questi era l’ex sindaco Gianni Alemanno.

Quattro anni dopo, nel 2012, l’andazzo era analogo. Con una variante. Le assunzioni per favore politico erano state sostituite (o forse più precisamente affiancate) da quelle a pagamento. Risale infatti al 2012 la registrazione – resa pubblica nei giorni scorsi – di una lite tra una spazzina che si lamentava con il mediatore dell’affare per aver pagato 9000 euro per l’assunzione, poi non andata in porto, del suo compagno. Dietro l’operazione, un sindacalista della  Cisl. La procura ha aperto un nuovo fascicolo. L’ipotesi – avvalorata dal contenuto della conversazione – è che il caso non fosse isolato. E che, anzi, analoghi traffici avvenissero anche in un’altra municipalizzata, l’Atac.

A Roma scoppia il caso della “spazzina-facchina”ultima modifica: 2017-02-04T18:20:01+01:00da ugo565
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