Undici milioni buttati al vento per la “Centrale fantasma”. Ma nessuno pagherà

Undici milioni buttati al vento per la “Centrale fantasma”. Ma nessuno pagherà

Chi all’epoca si oppose venne bollato come esponente della cultura “Not in my garden”: gente ostile per principio al progresso

Undici milioni buttati al vento per la “Centrale fantasma”. Ma nessuno pagherà

Nel 2009, quando la “centrale di cogenerazione” stava per essere inaugurata, a Bagnoli di Sopra, paese di 3750 abitanti in provincia  di Padova, scoppiò una piccola rivolta ambientalista. Che non fece notizia. Quei cittadini che  mettevano in discussione la sicurezza dell’impianto – un modello di “energia verde” finanziato dalla Regione Veneto e dall’Unione europea –  furono bollati come tipici esponenti della cultura “Not in my garden”: gente ostile per principio al progresso. La società costruttrice assicurava che la centrale, realizzata per produrre energia elettrica bruciando olii vegetali di colza, soia e girasole, era in linea con tutte le normative  più avanzate a tutela dell’ambiente.

La centrale non è mai entrata in funzione

Nessuno allora poteva immaginare che i timori ambientalisti si sarebbero rivelati del tutto infondati. Ma non per la perfezione delle tecnologie “green”. Più semplicemente perché la centrale non è mai entrata in funzione. Se non per poche ore il 14 maggio del 2009, giorno del collaudo. Poi più niente. Alla faccia degli 11 milioni di euro dell’investimento. Ma se anche qualcuno fosse riuscito a spingersi così avanti con la fantasia, difficilmente avrebbe potuto prevedere che nessuno dei responsabili dello spreco avrebbe pagato. La responsabilità erariale è infatti prescritta: la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha depositato ieri la sentenza che lo certifica.

Realizzata in tempi record: 2 anni e mezzo

Della centrale resta la struttura – due giganteschi bidoni che svettano sulla pianura – e soprattutto la memoria della  velocità con cui si passò dalla progettazione alla relazione. Il 13 marzo del 2006 l’accordo tra il comune nel cui territorio l’impianto è stato realizzato, quello di Conselve (Bagnoli di Sopra è il comune confinante) e la Cosecon Spa. Il 21 marzo dello stesso anno – otto giorni dopo – il suo recepimento da parte della giunta regionale veneta allora guidata da  Giancarlo Galan. Meno di un anno dopo, nel febbraio del 2007, il bando per l’appalto, un altro mese ed ecco l’affido dei lavori e, il 31 dicembre del 2008, la consegna dell’opera.

I dubbi iniziarono a farsi strada tra i residenti

A dire il vero qualche perplessità maturò da subito, e non di natura ambientalista. Nel 2008, quando la realizzazione della centrale era in corso, Alessandro Naccarato, un parlamentare del Pd, presentò un’interrogazione dove faceva notare che lo Studio di Impatto Ambientale allegato al progetto approvato dalla Regione Veneto prevedeva l’acquisto all’estero del 49 per cento del combustibile, questo benché il finanziamento da parte dell’Unione europea fosse subordinato all’utilizzo di materie prime locali. Nella stessa interrogazione si faceva notare che il comune di Bagnoli di Sopra non era stato in alcun modo consultato benché fosse coinvolto negli effetti delle emissioni non meno di quello nel cui territorio la centrale era stata costruita.

I verbali della seduta del consiglio comunale fanno venire i brividi

I verbali della seduta in cui il consiglio comunale di Conselve approvò la realizzazione del cogeneratore sono diventati una specie di testo teatrale.  “Atti – si legge in una cronaca apparsa sul Manifesto nel 2009, un anno dopo la fine dei lavori di costruzione dell’impianto – che fanno, davvero, venire i brividi. Sindaco e maggioranza del Pd danno vita a uno spettacolo vergognoso sulla pelle e sulla testa della gente. Un devastante mix di ignoranza, supponenza e tacita intesa”.  Il dibattito del consiglio comunale d Conselve è anche l’inizio di un docufilm intitolato “Il Mio giardino” (firmato da Cristian Cesaro, Fabio Lessio, Santo Bruno e Davide Donnola) che, sempre in quegli anni, ha dato voce ai pochi che si opponevano al progetto.

Finita la centrale la Cosecon fu travolta da un’inchiesta della magistratura

La costruzione della centrale si era conclusa da pochi mesi quando, nel luglio 2008, la Cosecon fu travolta da un’inchiesta della magistratura che portò in cella, tra gli altri, il direttore generale, il capo dell’ufficio tecnico, la responsabile delle gare d’appalto, un dirigente regionale e due imprenditori edili. Tutti accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione europea, concussione, falsità ideologica e materiale. Mentre era in corso la bufera giudiziaria, cominciarono a venire fuori le magagne strutturali del progetto industriale. Quelle segnalate nell’interrogazione parlamentare presentata fin dal 2008: le produzioni locali erano insufficienti, non bastavano ad alimentare la centrale. Ed era  necessario acquistare la metà del combustibile all’estero. Troppo caro.

Il finale è scontato

L’impianto non parte, il Cosecon fallisce (lasciando un buco da cento milioni di euro) e viene sostituita da un’altra  società, la Attiva Spa che il 9 marzo del 2010 avvia un nuovo bando nel tentativo (fallito) di affittare l’impianto a un altro operatore. Nel 2012 un secondo bando va deserto.  La Corte dei conti ha ritenuto di dover applicare la prescrizione perché l’ha calcolata a partire dalla data del collaudo (14 maggio del 2009) e non, come sosteneva l’accusa, a partire dall’anno dopo, dalla data del primo tentativo di trovare un nuovo operatore, cioè dal momento in cui il fallimento del progetto era risultato evidente. Dei 24 imputati, solo 4 sono stati anche assolti nel merito, tutti gli altri hanno beneficiato della prescrizione. La ricostruzione dell’accusa è stata completamente confermata. Ma i soldi pubblici sono persi definitivamente. E non ci sarà alcun modo di recuperarli.

Undici milioni buttati al vento per la “Centrale fantasma”. Ma nessuno pagheràultima modifica: 2016-11-26T21:48:26+01:00da ugo565
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