La Sicilia alle urne, specchio dell’Italia e delle sue contraddizioni


La Sicilia alle urne, specchio dell’Italia e delle sue contraddizioni


 
 
 
 

Oggi la Sicilia non è solo un laboratorio politico, come si dice sempre in questi casi: è soprattutto lo specchio dell’Italia e delle sue contraddizioni. Stavolta chi vota nell’isola, chi protesta o si astiene, riflette come non mai le ansie e le incognite che attanagliano la politica anche a livello nazionale. Con l’aggravante, certo, dei problemi locali che sembrano irrisolvibili. La Sicilia dà l’idea di essere un territorio nella sostanza ingovernabile, attraversato da bande rivali che lottano fra loro oppure si accordano in base a criteri imperscrutabili, ma quasi sempre nel disprezzo delle elementari regole della buona amministrazione. In ogni caso il voto a Palermo e nelle altre città sarà un voto molto “siciliano”, è ovvio, ma terrà conto anche del quadro nazionale. Vediamo perchè.

La carica anti-sistema
Bisogna partire dalle liste di contestazione generale, cioè dal movimento di Beppe Grillo. Perchè il fenomeno non ha precedenti. Un personaggio quasi perfetto nel suo populismo e nella sua capacità spregiudicata di dire alla folla quello che essa vuole sentirsi raccontare (“non vedo la mafia qui, è andata tutta al Nord”) rischia di diventare il partito di maggioranza relativa. Ma se anche non fosse così, il successo del Movimento Cinque Stelle sarà notevole, forse clamoroso. È sarà la vittoria solitaria del leader carismatico che ha attraversato a nuoto lo stretto e si presenta ai comizi a bordo di un carrettino tradizionale. Un genovese che incarna la “sicilianità”, ossia il contorto patriottismo insulare in cui c’è di tutto. Ma in particolare Grillo dà voce al malessere e al rancore verso la classe politica: quella siciliana, certo, ma anche e forse soprattutto quella nazionale. Chi va a votare oggi in Sicilia pensa anche a Roma. Per cui il M5S non esprimerà, è vero, il presidente della regione, a causa del voto disgiunto e della scarsa personalità del candidato “grillino”. E tuttavia il significato del consenso alla lista anti-sistema andrà ben oltre il livello regionale: attraverserà lo stretto al contrario e giungerà nei palazzi romani. Sarà un messaggio pesante, credibile alternativa alla scelta astensionista che di solito non disturba minimamente i vertici dei partiti. Ed è questo che preme al singolare comico genovese, che di sicuro è ben poco interessato a entrare a Palazzo dei Normanni e tanto meno a governare la regione.

La “roulette” degli altri candidati: la destra di Musumeci
Crocetta, Musumeci, Micciché… Nomi che fuori della Sicilia non dicono molto e da cui non ci si attende molto. Ma ognuno ha dietro di sé una sigla, un’alleanza, un assetto di potere. E’ una lotta che appassiona poco, tanto è vero che i siciliani sono tentati dalle liste di protesta. Eppure si guarderà a chi ha vinto e chi ha perso con particolare attenzione. Dietro Musumeci, uomo di destra, c’è un Pdl in rotta. Il candidato si è costruito un’immagine positiva, raccoglie stima, ma il peso del tracollo del partito berlusconiano pesa su di lui. Pesa in particolare su Angelino Alfano, suo grande sostenitore. Benchè il segretario del Pdl affermi che “in Sicilia non mi gioco tutto”, a molti sembra vero il contrario. Se Musumeci non sarà il prossimo presidente della regione, le prospettive nazionali di Alfano si complicheranno non poco. Perchè sarà pur sempre lui il perdente, magari senza essere colpevole di nulla. Certo, Berlusconi non si è fatto vedere nell’isola (e anche questo è singolare): tuttavia era presente, incombeva; a maggior ragione dopo l’exploit di ieri che contraddice tutto quello che l’ex premier aveva detto e fatto nelle ultime settimane. Di solito in politica i messaggi confusi sono perniciosi. Ma è possibile che i siciliani vogliano distinguersi. Lo sapremo presto.

Gli altri: Crocetta e Micciché 
Il candidato del Pd è in se stesso un piccolo laboratorio. E’ una candidatura che esclude la sinistra vendoliana, che infatti si presenta con propri nomi, e imbarca invece l’Udc di Casini. Sotto un certo aspetto prefigura quel tipo di asse “centrista” che sul piano nazionale molti vedono come la scommessa più realistica per il governo del prossimo futuro, dopo le elezioni della primavera 2013. La vittoria di Crocetta darebbe una spinta sia a Bersani sia a Casini. Dimostrerebbe che l’ipotesi di un nuovo centrosinistra non troppo dominato dalle estreme è possibile. E anche che il voto a Grillo, pur imponente nei numeri, può essere controllato e gestito in termini realistici. Vedremo nelle urne. Quanto a Micciché, la sua candidatura nasce da una costola del Pdl e s’intreccia con l’astuzia dell’ex governatore Lombardo. E’ la Sicilia dai mille arabeschi e per seguirne le volute ci vorrebbe un super-esperto, un entomologo della politica. Anche Micciché però sconta la crisi del Pdl. L’intera area sembra allo sbando ed è impressionante il silenzio o i distinguo dei vertici del partito circa i giudizi anti-Monti e anti-Europa espressi ieri dal fondatore Berlusconi. Non parliamo delle seconde file, ma dei personaggi che hanno scandito l’esperienza dell’ultimo governo berlusconiano: gli Alfano, i Frattini, le Gelmini. Un silenzio carico di significato. Ormai le strade nel cento destra si divaricano. Quanto questa condizione avrà influito sui voti di Miccichè o dello stesso Musumeci, lo sapremo domani. Insieme alla risposta a molti altri interrogativi.

La Sicilia alle urne, specchio dell’Italia e delle sue contraddizioniultima modifica: 2012-10-29T13:11:18+01:00da ugo565
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