E’ successa una cosa che succede spesso quando ci danno per morti: non siamo morti. Anzi: per un’ora, fino al gol di Di Natale, abbiamo messo paura alla Spagna. Che poi, dal pareggio di Fabregas alla fine, l’ha messa a noi.

I guevaristi dell’Hasta la victoria siempre contro i filosofi del Basta la victoria siempre hanno sollevato una partita a scacchi fino a trasformarla in uno scoppiettante braccio di ferro. L’Italia di Prandelli veniva da tre sconfitte, le “sartine” di Del Bosque continuano a patirci. Migliore in senso assoluto, Iniesta. Trai migliori, anche i portieri: Casillas nel primo tempo, Buffon nel secondo.

Con i suoi limiti e le sue risorse, il blocco della Juventus ha tenuto insieme la squadra, incollandola al risultato: non è poco, con l’aria che tira (e con gli avversari che, per fortuna, tiravano poco). Sembrava un rischio, la difesa a tre, e invece no: fino a quando, almeno, non è diventata a cinque, sottraendo viveri al centrocampo.

Del Bosque, lui, ci ha dato una mano, rinunciando a punte di ruolo. La moda del Barcellonismo a questo porta: a considerare che Leo Messi sia più divertente che utile. Che poi proprio Fernando Torres, una volta entrato, si sia mangiato due gol (il primo, complice Buffon), non mitiga il narcisismo del ct. Gli sprechi di Torres sotto rete mi hanno rammentato quelli di Del Piero nella finale del Duemila.

Siamo tornati squadra, abbiamo ballato (Thiago Motta), ma anche fatto ballare (Marchisio). Peccato che Balotelli rimanga sempre lì, sul filo del filo: strepitoso nel rubar palla a Sergio Ramos, da prendere a pedate per come se l’è fatta ri-rubare.

Loro, senza attaccanti per 74′: noi, con un attacco leggero. Cassano così così, più vispi Di Natale e Giovinco (anche perché più stanchi i rivali). Il «4-6» della Spagna ha agevolato e giustificato l’arretramento di De Rossi. Un punto e a capo. Con l’impegno di  non passare da un eccesso all’altro.

di Roberto BECCANTINI