Fidel Castro e Che Guevara, i due volti della rivoluzione cubana

Fidel Castro e Che Guevara, i due volti della rivoluzione cubana

Entrambi figure carismatiche, l’uno è morto nel suo letto a 90 anni dopo aver guidato Cuba per quasi 50, l’altro è morto in battaglia, da eroe. L’ultima lettera di Guevara a Fidel

di RICCARDO JANNELLO

Ultimo aggiornamento: 26 novembre 2016
Fidel Castro e Che Guevara

L’Avana (Cuba), 26 novembre 2016 – Sulla Plaza de la Revolucion, l’enorme spiazzo dell’Avana dove si tengono le manifestazioni del regime facendo accorrere centinaia di migliaia di persone – e dove anche Papa Francesco ha avuto la sua glorificazione – di fronte al monumento a José Marti, innalzato come eroe e prodromo delle conquiste socialiste cubane, ci sono due disegni che rappresentano i volti della rivoluzione che ha portato Cuba a ciò che è stata almeno fino a stanotte. Da una parte Ernesto Che Guevara, dall’altra, ad altezza e dimensione simile, Fidel Castro.

Che cosa sia successo fra i due dopo il grande legame iniziale è compito degli storici raccontarcelo. Ma certo due figure così carismatiche, così particolari, non potevano che avere destini diversi, migliori o peggiori non si sa. El Che è morto in battaglia, credeva nell’impegno in trincea per unire tutta l’America latina in un solo stato rivoluzionario. Fidel, agli occhi di Guevara, aveva abbandonando questa idea della forza e aveva scelto – per necessità o virtù, chissà – la via politica, con il legame sempre più forte con l’Unione Sovietica contro Washington, con i regimi socialisti e comunisti, sposando in pieno, nel finale, il chavismo venezuelano.

Castro è morto a 90 anni, nel suo letto, spegnendosi mano a mano. Che Guevara è morto combattendo nella sierra boliviana e di anni ne aveva soltanto 39, e non ancora 31 quando la rivoluzione dei barbudos portò all’Avana la cacciata di Fulgencio Batista. Castro ha potuto fare il suo testamento umano e politico ad agosto scorso, intervenendo l’ultima volta al settimo congresso del Partito comunista cubano. “Questa potrebbe essere la mia ultima volta qui – disse il lider maximo nel suo discorso -, fra poco compirò 90 anni e questo non è il risultato di qualche sforzo ma il capriccio del destino. Sono come tutti gli altri: presto arriverà la mia ora”.

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L’attesa della morte, dunque, ma non la morte del suo pensiero: “Le idee del comunismo cubano sono fatte per durare. Rimarranno come prova che in questo pianeta se si lavora con fervore e dignità possiamo produrre i beni materiali e culturali di cui necessitano gli esseri umani. Dobbiamo lottare senza tregua per ottenerlo, dobbiamo trasmettere ai nostri fratelli di tutto il mondo l’idea che il popolo cubano vincerà”.

Un discorso forte nelle corde di Fidel, di quando arringava la folla della Plaza de la Revolucion parlando dei beni primari dell’isola, della propria autarchia economica. Il Che, che era nato combattente e combattente voleva rimanerlo, era partito da un comune ideale, ma essere relegato – così diceva – da Castro a una guida solo economica della rivoluzione non gli bastava più, quando a Fidel, egli pensava, quel ruolo di lider maximo e anima di tutti i cubani sembrava bastare e avanzare. Il lungo addio tra Fidel e il Che non significherà che il primo abbandonerà la memoria del secondo, tutt’altro, ma forse quella morte improvvisa ha permesso a Castro di evitare un lungo confronto popolare fra i due, amati allo stesso modo dal popolo cubano.

Abbandonando il Paese per cercare nuove avventure, Guevara scrisse una commossa lettera al suo amico e compagno di lotta, amorevole, ma ferma e decisa sulla necessità che la rivoluzione sia sempre nelle menti e nei cuori e nei corpi. Ma il rispetto che Fidel aveva nei confronti del Che non poteva esautorarlo da considerarlo il suo vero compagno di lotta, uno di quelli che come lui e altri dieci pionieri si erano salvati – seppur il Che ferito – dal primo sbarco sull’isola, il 2 dicembre 1956 alla Playa de las Coloradas a bordo della Granma. E quindi massimo onore anche dopo la “despedida” per Guevara e massimo riconoscimento alla sua opera sulle banconote, al Museo de la Revolucion e alla caserma Moncada, l’esempio più eclatante di difesa della lotta armata: chiudendo il percorso nella visita all’edificio di Santiago de Cuba, c’è la camicia strappata e intrisa di sangue che Guevara indossava a La Higuera quando fu ucciso. In fondo il sangue di quella camicia è lo stesso che ha battuto fino alla notte scorsa nel petto di Fidel.

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Quell’hasta la victoria siempre magari veniva interpretato in due modi diversi, ma la fama e la trasparenza di Castro come di Guevara rimarranno indelebili e le loro figure marceranno insieme nella storia del Ventesimo secolo. Ora il lider maximo si prepara ad affrontare in modo definitivo e non più mediato dal suo sguardo divenuto con il tempo implorante aiuto, il giudizio della storia. Con quegli slogan che lo hanno contraddistinto: patria o morte, marxismo leninismo o morte, tutto per la rivoluzione nulla contro la rivoluzione.

Fidel castro e Che Guevara, compagni di lotta (Afp)
Fidel Castro e Che Guevara, i due volti della rivoluzione cubanaultima modifica: 2016-11-26T18:35:53+01:00da ugo565
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